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lunedì 13 maggio 2019

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

STORIA DELLA CANAPA INDUSTRIALE IN ITALIA
La canapa è stata coltivata fin dal settimo secolo A.C., quando fu introdotta dalle popolazioni nomadi sciite che la portarono nel sud della Russia.
Da qui si propagò in tutta l’Europa centro settentrionale, in Asia Minore, Grecia, Italia, Francia.

Storia della Canapa Industriale in Italia

La data in cui la cannabis è stata introdotta in Europa è sconosciuta, ma probabilmente risale ad almeno 500 anni prima di Cristo, in quanto a Berlino è stata ritrovata un’urna contenente foglie e semi di cannabis risalente a 2.500 anni orsono. La sua coltivazione in Europa è stata massiccia per secoli. Vestiti di canapa sono stati comunissimi in Europa centrale e meridionale per centinaia di anni. Ma gli europei conoscevano, ovviamente, anche le potenzialità ricreative della pianta. Francois Rabelais ne scrive ampiamente nel sedicesimo secolo. L’uso della cannabis arrivò anche in Africa, secoli prima della colonizzazione europea. In Africa la cannabis era coltivata, utilizzata come fibra e come medicinale, inalata e a volte venerata in aree diversissime: dal Sud Africa al Congo al Marocco.

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

[Quella che segue, è la storia delle industrie di filati ottenute da questa pianta,
in Italia dal 1873 al 1923]

Secondo alcune fonti in Italia la canapa è stata usata per millenni. In pipe preistoriche ritrovate nel Canavese sono state riscontrate alcune tracce. La regione ai piedi delle Alpi prende il nome di Canavese proprio dalla Canapa. In Italia, l’uso della canapa per produrre filati di altissima qualità con metodi industriali risale alla fine del 1700. L’ultima copia di un  Catalogo del Linificio e Canapificio Nazionale risale al 1923.Il valore di questo libro si aggira sui 250 euro, essendo considerato archeologia industriale. Questo catalogo venne stampato in copie limitate per i dirigenti degli stabilimenti industriali, in occasione del cinquantenario della fondazione del Canapificio Nazionale, cioè il 1873. E’ scritto in italiano, francese e inglese, contiene cenni storici e piantine topografiche dei campi e foto dei macchinari e sedi amministrative.

Voglio ricordare che la nascita del Linificio e Canapificio nazionale avvenne tre anni dopo l’effettiva unificazione nazionale, cioè dopo che Garibaldi entrò a Roma nel 1870. L’unità nazionale ha creato la necessità di un organismo unitario di industriali della Canapa. Il libro di cui sto parlando è equiparabile ad un moderno catalogo, che potrebbe stampare l’associazione industriali nazionale, per esempio per l’industria automobilistica. Insomma non erano drogati capelloni ma rispettabili e prestigiosi uomini d’affari.

Nel 1923, data di stampa del catalogo, queste industrie occupavano circa 20.000 persone. Producevano: filati greggi e candeggiati di Canapa per tessitura, tappeti, spaghi e corde, vele e sacchi, filati per cucire suole e per la pesca, cordame per marina e per ponteggi, gru, montacarichi, trasmissioni, cordicelle per tende, tende. Nonchè forniture per marina, esercito, ferrovie, poste, tabacchi, ospedali. Gli stabilimenti industriali erano una ventina, distribuiti prevalentemente al Nord. Il più moderno di tutti era quello di Lodi che fu costruito nel 1906, le tecnologie erano importate dall’Inghilterra, dove l’invenzione delle macchine a vapore aveva promosso quella che conosciamo come prima rivoluzione industriale.


Tutti gli stabilimenti erano vicino ad un corso d’acqua, che serviva sia per la produzione dell’energia a vapore necessaria a far funzionare gli impianti, che per la lavorazione del filato. Un’altra caratteristica comune a tutti gli stabilimenti era il ciclo di lavoro 24 ore su 24.

In prevalenza la mano d’opera era costituita da donne e
 bambine che lavoravano di giorno e di notte anche 16 ore.
Pur persistendo il lavoro tessile a domicilio a fianco della manifattura meccanizzata, in quel contesto storico si sviluppò il lavoro delle donne nelle fabbriche, prevalentemente tessili. L’età media variava dai 10 ai 30 anni. L’inserimento di donne e bambine, significava l’intenzione di ridurre il costo del lavoro, perchè i salari erano più bassi di almeno il 25%, rispetto agli uomini. Inoltre servivano dita agili, pazienza, sopportazione, doti prettamente femminili. Il ciclo produttivo era così intenso che molti stabilimenti avevano i dormitori o convitti, per cui la vita delle operaie e degli operai era tutta lì: reparto-dormitorio-reparto. Questi convitti erano anche chiamati “chiostri industriali” ed erano un ingranaggio essenziale per il buon funzionamento della macchina commerciale.

Con una produttività così ben organizzata è evidente come l’Italia potesse essere la seconda al mondo per quantità di filati prodotti e la prima per la qualità. Infatti, nel catalogo è scritto che per risolvere il problema della concorrenza straniera sulle fibre, nel 1895 venne creata in Italia una delle più grandi corderie, precisamente nello stabilimento di Cassano D’adda. Tanto produttiva che esportava fino in sud America ed estremo oriente. (…) Genova aveva una fiorentissima industria di filati di Canapa.

Sampierdarena, già nel 1786 era conosciuta per gli abili cordai che producevano filati di Canapa per l’industria navale, per gli armamenti e per le attrezzature dei velieri. La più famosa era la Corderia Carrena che era ubicata alla Fiumara. Nel 1844 lo stabilimento venne trasferito nell’ area vicino alla odierna Stazione Ferroviaria di Sampierdarena. Nel 1905 questa Corderia era la prima, per quantità di produzione, di tutto il mediterraneo. Nel 1906 apriva un’ altro stabilimento a Cornigliano, i terreni coltivati a Canapa erano 4000 mq. Nello stesso anno veniva accorpata anche la Corderia Raggio, che era già fiorente nel 1766, con il suo stabilimento di Borzoli. Gli stabilimenti erano prevalentemente al Nord, mentre al sud il maggiore era quello di Frattamaggiore, dove veniva coltivato 1/3 della Canapa destinata agli usi industriali tessili.
Lì la pianta cresceva facilmente per le migliori condizioni di clima e suolo.

La maggior parte dei derivati tessili della Canapa di tutti gli stabilimenti descritti nel Catalogo del Canapificio Nazionale erano destinati alla marina mercantile, marina militare, ferrovie, esercito. La totalità della produzione di canapiera venne messa tutta al servizio dello Stato in occasione del I° conflitto mondiale. Tanto che il Ministero dell’Industria arrivò a fondare un sindacato di Filatori e Tessitori di Canapa nel 1918. Inoltre molti stabilimenti dovettero aumentare la produzione e superare molte difficoltà, perchè dall’estero non arrivavano più filati di lino. E’ noto inoltre, che nel primo conflitto mondiale, furono i contadini ad essere mandati al fronte a morire nell’inferno delle trincee, mentre gli operai di tutte le industrie, comprese quelle canapiere, dovettero sostenere una colossale macchina bellica. L’abnegazione delle operaie e degli operai Canapieri è significativamente rappresentata dalla storia dello stabilimento di Crocetta Trevigiana.

Questo stabilimento venne fondato nel 1882: “da alcuni benemeriti pionieri dell’industria che volevano dotare il Veneto di un opificio che utilizzasse la fibra vegetale eminentemente italiana, allo scopo di produrre spaghi e cordami, merce tutta di grande consumo popolare e quindi di presumibile ampio smercio, ove la si fosse saputa lanciare sui mercati mondiali”.

“L’estensione complessiva della coltivazione della canapa in Italia è attualmente da valutare attorno ai 90.000-100.000 ettari. Al primo posto è decisamente l’Emilia, in particolare la provincia di Ferrara, dove circa il 12% di tutta la superficie è lavorato a canapa. Nelle vicine province di Bologna e Modena questa coltivazione raggiunge solamente il 4,5% e il 2% circa della superficie”.
(Relazione sulla coltivazione e la lavorazione della canapa in Italia,
 pubblicata dall’Ufficio per l’Interno del Reich, Berlino 1913).

L’industria Canapiera Italiana rimase fiorente ben oltre l’anno in cui fu stampato questo catalogo. Infatti ancora nel 1925, Benito Mussolini diceva, a proposito della Canapa e delle industrie Canapiere: “La Canapa è stata posta dal Duce, all’ordine del giorno della nazione, perchè per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l’estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico agrario, c’è anche il lato sociale la cui incidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30.000 operai ai quali da lavoro l’industria canapiera italiana”.

Fu negli anni trenta che il regime fascista dichiarò l’hashish, un derivato ricreazionale, nemico della razza e droga da “negri”, nonostante che la coltivazione della canapa fosse studiata nelle scuole agrarie con tanto di manuali. Il processo storico che ci ha portato alle falsificazioni e alle mistificazioni odierne riguardo a questo vegetale, comincia anche in Italia negli anni trenta.

Durante la Seconda Guerra Mondiale però, la produzione medioeuropea e mediterranea tornava ad aumentare velocemente, perchè le fibre tessili e gli oli sativi diventavano più costosi. In più, esisteva l’esigenza di materie prime contenenti molta cellulosa da cui poter ricavare esplosivi ottenuti producendo nitrocellulosa.

A guerra finita il Consorzio Nazionale Canapa, sorto durante il fascismo per esigenze autarchiche, non pensò al miglioramento della produzione né a meccanizzare le varie fasi di lavorazione che avrebbero ridotto la fatica umana non più sopportabile dai nostri contadini, che polarizzarono i loro interessi su altre colture e sui tessuti di tipo industriale: rayon, naylon e cotone. Tra le varietà di canapa allora più coltivate ricordiamo la varietà “Carmagnola” e le derivate, quali la “Bolognese”, la “Nostrana”, la “Napoletana”. In Campania si coltivavano anche varietà di canapa turca. Il rifiuto delle faticose tecniche di macerazione, unitamente allo sviluppo dell’industria delle fibre sintetiche, all’aumento del  costo del lavoro, ma soprattutto all’applicazione dell’art. 26 del D.L.gs 309/90 (Legge antidroga Jervolino-Vassalli), hanno decretato la fine della canapicoltura in Italia. L’ingiusto decreto non ci ha evitato la pioggia di droga, ma ci ha impedito di fruire per molti anni dei fondi CEE (Regolamento 1308/70, rinnovato – Reg. 624/97 – da Franz Fischler, che prevede un contributo di un milione e 414.500 lire per l’ettaro) previsti per la coltivazione della canapa da fibra, per uso industriale. In realtà non è stato tanto il Decreto (il divieto fù anche in sede Comunitaria solo per la “Cannabis indica” con alto contenuto del principio attivo THC -tetraidrocannabinolo- con proprietà psicoattive e non per la “Canapa sativa” da fibra), quanto la difficoltà degli organismi di controllo di distinguere morfologicamente le due varietà, e per anni hanno trovato legittimo sequestrare, sanzionare e incriminare non solo chi era e chi è colpevole di reato, ma anche gli agricoltori che, magari a loro spese, hanno riprodotto con pazienza ed abnegazione le vecchie varietà, come nel caso degli agricoltori di Carmagnola (To), le cui sementi sono ancora sotto sequestro. E pensare che le nostre sementi erano considerate le migliori dagli agronomi e dai tecnici del settore.

Nel 1994 e 1995 la sola canapa coltivata ufficialmente in Italia, sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine, è stata quella presso l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), organismo di ricerca statale. Tentativi di ricerca a scopo didattico
 (in Emilia e in Valle díAosta) sono stati repressi.

Nel 1997 la Comunità europea stabilisce che la reintroduzione della Canapa ad uso industriale sia diffusa e finanziata su tutto il territorio Europeo. Negli anni successivi, grazie a quel regolamento, nascono i primi negozi italiani tematici sulla Canapa. Un mezzo che veicola anche la diffusione dell’ auto-produzione di questa pianta per fini ricreativi.

Nel nostro paese ancora una volta però i governi che si succedono, di qualsiasi schieramento, agiscono in modo schizofrenico e per il vantaggio economico di pochi privilegiati, senza produrre una politica globale su questo vegetale.

Storia della Canapa Industriale in Italia


fonte:
1.Storia della canapa industriale in italia dal 1871 al 1923 di Cristina Bergoli


GUARDA ANCHE
Ecco Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana
https://cipiri12.blogspot.com/2019/05/canapa-nostra-il-nuovo-docu-film-sulla.html
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domenica 25 febbraio 2018

L'Avventurosa Storia Dei Nostri Antenati


Homo erectus (Dubois, 1894; dal latino: erectus, «che sta dritto»)
è una specie di ominide estinta appartenente al genere Homo.




Un'ipotesi sostiene che sia la medesima specie di Homo ergaster, mentre un'altra che sia una specie prettamente asiatica evolutasi da H .ergaster.
Originariamente venne denominato Pitecantropo e Uomo di Giava.

La capacità cranica di H.erectus era di poco superiore a quella di H.ergaster, cioè dagli 813 cm³ ai 1 059 cm³, e si ritiene comunemente che sia stato il primo a lavorare e utilizzare pietre bifacciali e a usare il fuoco (vedi: Controllo del fuoco da parte dei primi uomini); queste innovazioni gli hanno permesso probabilmente la lavorazione delle pelli e un uso più elaborato degli alimenti rispetto agli uomini primitivi precedenti.

Tra 1,8 e 1,3 milioni di anni fa Homo erectus migrò dall'Est Africa colonizzando altre parti del vecchio continente (vedi la voce Out of Africa I). Vi è chi sostiene che, specie autoctona asiatica, H.erectus sia poi migrato in Africa.

La sua scoperta risale al 1891, quando nel giacimento di Trinil dell'isola di Giava Eugène Dubois rinvenne una calotta cranica, insieme ad un molare e un femore. Dalle conoscenze fino ad allora accumulate egli desunse che si trattasse di un uomo scimmia, per cui gli diede il nome di Pithecanthropus erectus. Oggi noi sappiamo tuttavia che Homo erectus, come è stato poi ribattezzato, era un ominide più evoluto rispetto al genere Australopithecus.

Altri ritrovamenti:

OH 9, "Chellean men". Scoperto da Louis Leakey nel 1960 nella Gola di Olduvai in Tanzania. L'età stimata è di 1,4 milioni di anni. Esso consiste in parte della scatola cranica con grosse arcate frontali ed un cervello di 1065 cm³.
OH 12, "Pinhead". Scoperto da Margaret Cropper nel 1962 nella Gola di Olduvai in Tanzania. Esso è simile a OH 9 ma è più completo e piccolo, con una scatola cranica di soli 750 cm³. La sua età è compresa tra i 600 000 e gli 800 000 anni.
Nel 2000 nella Cina meridionale, sono emersi una serie di fossili litici non bifacciali datati tra i 700 000 e gli 800 000 anni fa, che i due scopritori, Huang Weiwen e Rick Potts, propongono di assegnare al modo tecnico acheuleano. Tra le cause di questa importante differenza vi può essere un impedimento oggettivo, come la mancanza di materiale utile per la costruzione di questi attrezzi o l'impossibilità della trasmissione di questa conoscenza da una generazione all'altra. Un'altra tesi è che la colonizzazione dell'Asia sia antecedente alla scoperta delle asce a mano avvenuta in Africa e che i colonizzatori siano rimasti isolati dai loro cugini africani. Negli ultimi anni sono stati fatti degli importanti ritrovamenti che confermano tale ipotesi, anticipando di alcune centinaia di migliaia di anni la colonizzazione dell'Asia. Il più importante è un teschio ritrovato nel 2001 a Dmanisi in Georgia, risalente a 1,8 milioni di anni fa ed attribuito alla specie Homo georgicus. Con un volume di 600 cm³ è il fossile più antico ritrovato fuori dall'Africa; i suoi tratti somatici sembrano essere comuni a quelli degli Homo ergaster africani. Altri fossili sono stati trovati in Cina e a Giava, alcuni dei quali molto antichi, come un cranio infantile senza faccia, risalente a 1,8 milioni di anni e alcuni resti incompleti e deformati, provenienti dall'area di Sangiran, datati 1,6 milioni di anni.

Descrizione
Homo erectus aveva una capacità cranica maggiore rispetto a Homo habilis e una notevole somiglianza con gli esseri umani moderni, ma aveva un cervello di dimensioni corrispondenti a circa il 75% di quello di Homo sapiens. I membri della specie H.erectus erano piuttosto alti. Il dimorfismo sessuale era leggermente più marcato che in H. sapiens, poiché i maschi erano di maggiori dimensioni rispetto alle femmine. La scoperta dello scheletro KNM-WT 15000 vicino al lago Turkana in Kenya da Richard Leakey nel 1984 fu decisiva per la conoscenza della specie.

Utilizzo di utensili ed abilità generali
Homo Erectus usava utensili più diversificati ed avanzati dei suoi predecessori. Si trattava di strumenti di pietra, un'innovazione significativa fu l'utilizzo di asce a doppio filo e pietre bifacciali scheggiate su due lati, chiamate comunemente amigdale per la loro forma a mandorla, usate come strumenti per scavare radici, tritare vegetali e probabilmente per tagliare pelli .

Un sito chiamato Terra Amata, sulla Riviera Francese, era forse occupato da membri della specie erectus, e contiene alcune tra le prime (per quanto controverse) tracce dell'utilizzo di un fuoco controllato dall'uomo. Analoghe tracce sono state rinvenute in Israele. Ciononostante, alcuni studiosi continuano a ritenere che l'utilizzo del fuoco fosse raro nella specie, e che sia stato più caratteristico di specie avanzate del genere Homo - come Homo neanderthalensis.

Inoltre, è stata avanzata l'ipotesi che H. erectus sia stato il primo ominide in grado di utilizzare zattere per attraversare oceani, ma la tesi rimane controversa.

Aspetti sociali
Alcuni antropologi, come il già citato Leakey, credono che erectus fosse significativamente più vicino dal punto di vista della vita sociale agli uomini moderni rispetto ad altre specie precedenti. Va precisato, però, che i fossili dimostrano come l'anatomia delle vie aeree dell'erectus non gli permettesse di produrre suoni di una complessità paragonabile a quella del linguaggio moderno.

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lunedì 16 novembre 2015

La Storia della Siria in Video


La storia della Siria

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venerdì 25 aprile 2014

Vera Storia della Marijuana


Vera Storia della Marijuana, il video shock: “Ecco perché fu proibita”.

Non tutti sanno che il Marijuana Tax Act, che rese illegale l’utilizzo della cannabis, risale al lontanissimo 1937. E questo video shock, che racconta la vera storia della ganja, rivela: “Ecco perché fu probita.”

Nel 1930 fu inventata negli USA una macchina che rendeva possibile la lavorazione della pianta della canapa anche a livello industriale, mentre fino ad allora essa era lavorata solo dai privati o da piccole aziende. Alcuni autori ritengono che la proclamazione di leggi proibizionistiche nei confronti della cannabis sarebbe stata legata appunto agli interessi della nascente industria petrolchimica, che vedeva una minaccia nella possibilità di lavorare a livelli industriali la pianta della canapa, da cui si possono produrre oltre che carta anche materie plastiche e il cui olio può essere usato come combustibile.

La possibilità di una lavorazione industriale della fibra di canapa per produrre carta avrebbe significato la fine del business che si era creato tra le neonate industrie del petrolio e della cellulosa, di Lammot du Pont II e William Randolph Hearst, che avevano cominciato a produrre carta a livelli industriali partendo dalla polpa di cellulosa, che veniva ricavata tramite un processo di lavorazione e sbiancamento del legno con solventi chimici, forniti a Hearst appunto dalla DuPont.

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domenica 6 ottobre 2013

Festival : Audiodocumentari in città


Presentato il festival "Audiodocumentari in città"

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 Audiodocumentari in città, parla la voce

“Raccontami una storia, fammi conoscere la realtà”: è questo il tema della prima edizione di Audiodocumentari in città, rassegna ideata e curata dall’associazione culturale Officine Abaco e dallo Studio QZR in collaborazione con il Lucca Film Festival, Radio 3 Rai, il Comune e la Provincia di Lucca, Audiodoc e l’Associazione Musicale Lucchese, che si terrà a Lucca dal 23 al 27 settembre con due workshop, otto ascolti e altrettante tavole rotonde.
La manifestazione è stata presentata questa mattina (venerdì 20 settembre) a Palazzo Ducale dal presidente della Provincia, Stefano Baccelli, e dall'assessore alla Scuola Mario Regoli, insieme agli organizzatori Flavia Piccinni, scrittrice e giornalista, e Leonardo Romei, semiotico e progettista, per Associazione Culturale Officine Abaco. Alla conferenza stampa erano presenti anche il direttore della Casa circondariale S. Giorgio di Lucca, Francesco Ruello, Arnaldo Filippini e Luigi Bevilacqua di Studio QZR, Marcello Parducci e Simone Soldati, rispettivamente presidente e direttore artistico dell'Associazione Musicale Lucchese.
La rassegna vuole riportare l'attenzione su un genere che indaga la realtà non tramite le immagini e il video ma attraverso l’utilizzo esclusivo del suono e della voce, lasciando all'immaginazione la possibilità di “costruire” la parte visiva. All’estero l’audiodocumentario è un genere molto popolare; in Italia, dopo essere stato dimenticato per anni, adesso gode di un nuovo interesse, raccogliendo l'eredità della radio italiana, capace di “far vedere” le cose con le parole.
«Mi congratulo con gli organizzatori di questa manifestazione – ha affermato il presidente della Provincia, Stefano Baccelli – che ha il coraggio di muoversi “in controtendenza”, rivendicando il valore dell'ascolto. Credo che nella nostra epoca dominata dall'immagine sia davvero necessario e importante riqualificare la nostra sensibilità rispetto all'azione di ascoltare che porta con sé una ricchezza e un significato che altrimenti rischiamo di perdere».
«Siamo davvero lieti di offrire agli studenti l'opportunità di scoprire e sperimentare le potenzialità comunicative dell'ascolto e della parola – ha affermato nel suo intervento Mario Regoli, assessore alla Scuola – e di poterlo fare rispetto a temi di scottante attualità come quelli che toccano la piaga del gioco d’azzardo, il rapporto fra industria e ambiente, la realtà del carcere e l’assistenza familiare».
Durante la rassegna, infatti, saranno coinvolti un centinaio di studenti provenienti dal liceo scientifico “Vallisneri”, dall'istituto per il turismo “Pertini” e dal liceo artistico-musicale “Passaglia” che, partecipando agli workshop a Palazzo Ducale, avranno la possibilità di capire cosa è e come funziona un audiodocumentario e di riflettere sull'importanza delle fonti orali per la memoria storica dei singoli e della collettività.
«Aprire il carcere a questa manifestazione – ha affermato il direttore della Casa Circondariale San Giorgio, Francesco Ruello – da una parte segna la continuità rispetto all'attività di incontro e di confronto che da anni portiamo avanti con le scuole lucchesi e dall'altra ci permette di riscoprire l'ascolto. Dentro le celle, infatti, tutti i sensi sono come ridotti o snaturati: basti pensare alla vista limitata dalle mura di cinta e dalle sbarre e al silenzio che all'interno della struttura è praticamente inesistente».
«A nome degli organizzatori di “Audiodocumentari in città” - ha affermato Flavia Piccinni dell'Associazione Culturale Officine Abaco - ringrazio tutti gli enti e le realtà che ci hanno permesso di realizzare questa prima edizione della rassegna. Nel nostro progetto, i ragazzi coinvolti quest'anno come uditori dovranno essere i protagonisti della prossima edizione, realizzando alcuni audiodocumentari che raccolgano le testimonianze dei lucchesi. Utilizzando le potenzialità della “scrittura audio”, infatti, potranno costruire un ritratto di Lucca attraverso la voce e le storie di chi vive e anima la città».
I protagonisti della rassegna saranno Jonathan Zenti con “Fuga dalla Vittoria”, lavoro sul gioco d’azzardo realizzato da un gruppo di ex giocatori; Ornella Bellucci e “Ilva, c’era una rivolta” racconto in presa diretta dei giorni drammatici che hanno risvegliato Taranto e l’Italia rispetto all’acciaieria di proprietà della famiglia Riva; Flavia Piccinni con “Italia-Romania: in viaggio con le badanti”; Angelo Van Shaik e “La Tromba d’oro” sugli anni in carcere di Chet Baker nel carcere di Lucca.

Il programma completo è consultabile sul sito

http://www.officineabaco.it/audiodocumentari-in-citta .
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lunedì 1 aprile 2013

La CIA protagonista occulta della storia italiana

 
La CIA è stata protagonista occulta della storia italiana degli ultimi anni più di quanto si possa immaginare, con la complicità della P2. Traffici illegali e destabilizzazione dello Stato le due azioni più strategiche.
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L'inchiesta ► I legami tra la C.I.A. e la P2 • 1990

 In dodici passaggi una diversa vicenda che, ormai allo scoperto in tutto il paese, nonostante il silenzio colpevole di intellettuali non coraggiosi e magistrati pur non invischiati, stà illuminando storia e coscienze, fornendo chiavi di lettura e prova di fatti ed orditi che hanno leso in radice la democrazia e lo Stato. Siam vicini al reddere actionem . " .Paolo Ferraro doveva essere vicino, molto vicino, a scoprire unmistero politico militare gelosamente custodito da anni nel nostropaese, e non solo: l'esistenza di una nuova P2, ben più pericolosadella precedente (forse è sempre la stessa, ma ..... "

I legami tra la C.I.A. e la loggia massonica P2
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Intervista a Richard Brenneke

Conosco la P2 dal 1969 e ho trattato con la P2 in Europa da allora sino ai primi degli anni 80. Vede, il governo degli Stati Uniti ha mandato soldi alla P2, in un certo periodo una somma inviata toccò i dieci milioni di dollari al mese. Dieci milioni di dollari in un mese, altre volte queste somme erano inferiore a un milione di dollari al mese, una volta agli inizi degli anni Settanta, mi ricordo chiaramente perché fui io a consegnare i soldi, ricordo che la somma totale superava i 10 milioni di dollari. Ci siamo serviti di loro per creare situazioni favorevoli nell'esplodere del terrorismo in Italia e in altri paesi europei agli inizi degli anni Settanta, fatti questi che ebbero gran peso perché ci furono dei governi che caddero in seguito a questa situazione.
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Richard Brenneke (ex agente C.I.A.)


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sabato 23 febbraio 2013

L'origine storica dei Giochi di Carte


L'origine storica dei Giochi di Carte



  Un pò di storia...

Non è certo se le carte siano un’invenzione cinese risalente al secondo millennio a.C., venuta attraverso l’India per mezzo degli arabi che le chiamavano "naibbe (na’ib), o se siano una derivazione indiana degli scacchi; sembra certo però che non siano state inventate in alcun paese d’Europa.
Secondo una suggestiva credenza le origini delle carte da gioco sarebbero molto più antiche e risalenti agli egizi ed in particolare al dio Thot che volendo insegnare agli uomini l’arte della scrittura inventò i geroglifici la cui evoluzione portò all’equiparazione degli stessi con i numeri e i semi delle carte...
continua a leggere..

QUI PER SCOPRIRE IL SIGNIFICATO DEI SEMI
LEGGI TUTTO QUI


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giovedì 5 luglio 2012

Storia della Sicilia: avvocato Vito Guarrasi ( misteri )




 L'avvocato di origini alcamesi Vito Guarrasi al centro di moltissimi misteri negli ultimi 50 anni di storia della Sicilia.
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Il 3 settembre 1942 il generale statunitense Walter Bedell Smith e il generale dell’Esercito italiano Giuseppe Castellano firmano l’armistizio a Cassibile alla presenza del giovane avvocato Vito Guarrasi, cugino del futuro padrone di Mediobanca Enrico Cuccia a sua volta genero del creatore dell’IRI Alberto Beneduce.

Il pentito Gioacchino Pennino ha affermato nel 2007 che Guarrasi svolse un ruolo nella morte del giornalista dell'Ora Mauro de Mauro, scomparso il 16 settembre 1970 e il cui corpo non è mai più stato ritrovato. All'epoca il giornalista stava raccogliendo informazioni sulla morte di Mattei e sul fallito golpe del principe Junio Valerio Borghese. Pennino ritiene che Guarrasi abbia riferito indirettamente le informazioni in possesso di de Mauro ad alcuni capimafia, che avrebbero così deciso di eliminarlo


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martedì 3 gennaio 2012

la storia del denaro




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