loading...

lunedì 13 maggio 2019

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

STORIA DELLA CANAPA INDUSTRIALE IN ITALIA
La canapa è stata coltivata fin dal settimo secolo A.C., quando fu introdotta dalle popolazioni nomadi sciite che la portarono nel sud della Russia.
Da qui si propagò in tutta l’Europa centro settentrionale, in Asia Minore, Grecia, Italia, Francia.

Storia della Canapa Industriale in Italia

La data in cui la cannabis è stata introdotta in Europa è sconosciuta, ma probabilmente risale ad almeno 500 anni prima di Cristo, in quanto a Berlino è stata ritrovata un’urna contenente foglie e semi di cannabis risalente a 2.500 anni orsono. La sua coltivazione in Europa è stata massiccia per secoli. Vestiti di canapa sono stati comunissimi in Europa centrale e meridionale per centinaia di anni. Ma gli europei conoscevano, ovviamente, anche le potenzialità ricreative della pianta. Francois Rabelais ne scrive ampiamente nel sedicesimo secolo. L’uso della cannabis arrivò anche in Africa, secoli prima della colonizzazione europea. In Africa la cannabis era coltivata, utilizzata come fibra e come medicinale, inalata e a volte venerata in aree diversissime: dal Sud Africa al Congo al Marocco.

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

Storia della Canapa Industriale in Italia

[Quella che segue, è la storia delle industrie di filati ottenute da questa pianta,
in Italia dal 1873 al 1923]

Secondo alcune fonti in Italia la canapa è stata usata per millenni. In pipe preistoriche ritrovate nel Canavese sono state riscontrate alcune tracce. La regione ai piedi delle Alpi prende il nome di Canavese proprio dalla Canapa. In Italia, l’uso della canapa per produrre filati di altissima qualità con metodi industriali risale alla fine del 1700. L’ultima copia di un  Catalogo del Linificio e Canapificio Nazionale risale al 1923.Il valore di questo libro si aggira sui 250 euro, essendo considerato archeologia industriale. Questo catalogo venne stampato in copie limitate per i dirigenti degli stabilimenti industriali, in occasione del cinquantenario della fondazione del Canapificio Nazionale, cioè il 1873. E’ scritto in italiano, francese e inglese, contiene cenni storici e piantine topografiche dei campi e foto dei macchinari e sedi amministrative.

Voglio ricordare che la nascita del Linificio e Canapificio nazionale avvenne tre anni dopo l’effettiva unificazione nazionale, cioè dopo che Garibaldi entrò a Roma nel 1870. L’unità nazionale ha creato la necessità di un organismo unitario di industriali della Canapa. Il libro di cui sto parlando è equiparabile ad un moderno catalogo, che potrebbe stampare l’associazione industriali nazionale, per esempio per l’industria automobilistica. Insomma non erano drogati capelloni ma rispettabili e prestigiosi uomini d’affari.

Nel 1923, data di stampa del catalogo, queste industrie occupavano circa 20.000 persone. Producevano: filati greggi e candeggiati di Canapa per tessitura, tappeti, spaghi e corde, vele e sacchi, filati per cucire suole e per la pesca, cordame per marina e per ponteggi, gru, montacarichi, trasmissioni, cordicelle per tende, tende. Nonchè forniture per marina, esercito, ferrovie, poste, tabacchi, ospedali. Gli stabilimenti industriali erano una ventina, distribuiti prevalentemente al Nord. Il più moderno di tutti era quello di Lodi che fu costruito nel 1906, le tecnologie erano importate dall’Inghilterra, dove l’invenzione delle macchine a vapore aveva promosso quella che conosciamo come prima rivoluzione industriale.


Tutti gli stabilimenti erano vicino ad un corso d’acqua, che serviva sia per la produzione dell’energia a vapore necessaria a far funzionare gli impianti, che per la lavorazione del filato. Un’altra caratteristica comune a tutti gli stabilimenti era il ciclo di lavoro 24 ore su 24.

In prevalenza la mano d’opera era costituita da donne e
 bambine che lavoravano di giorno e di notte anche 16 ore.
Pur persistendo il lavoro tessile a domicilio a fianco della manifattura meccanizzata, in quel contesto storico si sviluppò il lavoro delle donne nelle fabbriche, prevalentemente tessili. L’età media variava dai 10 ai 30 anni. L’inserimento di donne e bambine, significava l’intenzione di ridurre il costo del lavoro, perchè i salari erano più bassi di almeno il 25%, rispetto agli uomini. Inoltre servivano dita agili, pazienza, sopportazione, doti prettamente femminili. Il ciclo produttivo era così intenso che molti stabilimenti avevano i dormitori o convitti, per cui la vita delle operaie e degli operai era tutta lì: reparto-dormitorio-reparto. Questi convitti erano anche chiamati “chiostri industriali” ed erano un ingranaggio essenziale per il buon funzionamento della macchina commerciale.

Con una produttività così ben organizzata è evidente come l’Italia potesse essere la seconda al mondo per quantità di filati prodotti e la prima per la qualità. Infatti, nel catalogo è scritto che per risolvere il problema della concorrenza straniera sulle fibre, nel 1895 venne creata in Italia una delle più grandi corderie, precisamente nello stabilimento di Cassano D’adda. Tanto produttiva che esportava fino in sud America ed estremo oriente. (…) Genova aveva una fiorentissima industria di filati di Canapa.

Sampierdarena, già nel 1786 era conosciuta per gli abili cordai che producevano filati di Canapa per l’industria navale, per gli armamenti e per le attrezzature dei velieri. La più famosa era la Corderia Carrena che era ubicata alla Fiumara. Nel 1844 lo stabilimento venne trasferito nell’ area vicino alla odierna Stazione Ferroviaria di Sampierdarena. Nel 1905 questa Corderia era la prima, per quantità di produzione, di tutto il mediterraneo. Nel 1906 apriva un’ altro stabilimento a Cornigliano, i terreni coltivati a Canapa erano 4000 mq. Nello stesso anno veniva accorpata anche la Corderia Raggio, che era già fiorente nel 1766, con il suo stabilimento di Borzoli. Gli stabilimenti erano prevalentemente al Nord, mentre al sud il maggiore era quello di Frattamaggiore, dove veniva coltivato 1/3 della Canapa destinata agli usi industriali tessili.
Lì la pianta cresceva facilmente per le migliori condizioni di clima e suolo.

La maggior parte dei derivati tessili della Canapa di tutti gli stabilimenti descritti nel Catalogo del Canapificio Nazionale erano destinati alla marina mercantile, marina militare, ferrovie, esercito. La totalità della produzione di canapiera venne messa tutta al servizio dello Stato in occasione del I° conflitto mondiale. Tanto che il Ministero dell’Industria arrivò a fondare un sindacato di Filatori e Tessitori di Canapa nel 1918. Inoltre molti stabilimenti dovettero aumentare la produzione e superare molte difficoltà, perchè dall’estero non arrivavano più filati di lino. E’ noto inoltre, che nel primo conflitto mondiale, furono i contadini ad essere mandati al fronte a morire nell’inferno delle trincee, mentre gli operai di tutte le industrie, comprese quelle canapiere, dovettero sostenere una colossale macchina bellica. L’abnegazione delle operaie e degli operai Canapieri è significativamente rappresentata dalla storia dello stabilimento di Crocetta Trevigiana.

Questo stabilimento venne fondato nel 1882: “da alcuni benemeriti pionieri dell’industria che volevano dotare il Veneto di un opificio che utilizzasse la fibra vegetale eminentemente italiana, allo scopo di produrre spaghi e cordami, merce tutta di grande consumo popolare e quindi di presumibile ampio smercio, ove la si fosse saputa lanciare sui mercati mondiali”.

“L’estensione complessiva della coltivazione della canapa in Italia è attualmente da valutare attorno ai 90.000-100.000 ettari. Al primo posto è decisamente l’Emilia, in particolare la provincia di Ferrara, dove circa il 12% di tutta la superficie è lavorato a canapa. Nelle vicine province di Bologna e Modena questa coltivazione raggiunge solamente il 4,5% e il 2% circa della superficie”.
(Relazione sulla coltivazione e la lavorazione della canapa in Italia,
 pubblicata dall’Ufficio per l’Interno del Reich, Berlino 1913).

L’industria Canapiera Italiana rimase fiorente ben oltre l’anno in cui fu stampato questo catalogo. Infatti ancora nel 1925, Benito Mussolini diceva, a proposito della Canapa e delle industrie Canapiere: “La Canapa è stata posta dal Duce, all’ordine del giorno della nazione, perchè per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l’estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico agrario, c’è anche il lato sociale la cui incidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30.000 operai ai quali da lavoro l’industria canapiera italiana”.

Fu negli anni trenta che il regime fascista dichiarò l’hashish, un derivato ricreazionale, nemico della razza e droga da “negri”, nonostante che la coltivazione della canapa fosse studiata nelle scuole agrarie con tanto di manuali. Il processo storico che ci ha portato alle falsificazioni e alle mistificazioni odierne riguardo a questo vegetale, comincia anche in Italia negli anni trenta.

Durante la Seconda Guerra Mondiale però, la produzione medioeuropea e mediterranea tornava ad aumentare velocemente, perchè le fibre tessili e gli oli sativi diventavano più costosi. In più, esisteva l’esigenza di materie prime contenenti molta cellulosa da cui poter ricavare esplosivi ottenuti producendo nitrocellulosa.

A guerra finita il Consorzio Nazionale Canapa, sorto durante il fascismo per esigenze autarchiche, non pensò al miglioramento della produzione né a meccanizzare le varie fasi di lavorazione che avrebbero ridotto la fatica umana non più sopportabile dai nostri contadini, che polarizzarono i loro interessi su altre colture e sui tessuti di tipo industriale: rayon, naylon e cotone. Tra le varietà di canapa allora più coltivate ricordiamo la varietà “Carmagnola” e le derivate, quali la “Bolognese”, la “Nostrana”, la “Napoletana”. In Campania si coltivavano anche varietà di canapa turca. Il rifiuto delle faticose tecniche di macerazione, unitamente allo sviluppo dell’industria delle fibre sintetiche, all’aumento del  costo del lavoro, ma soprattutto all’applicazione dell’art. 26 del D.L.gs 309/90 (Legge antidroga Jervolino-Vassalli), hanno decretato la fine della canapicoltura in Italia. L’ingiusto decreto non ci ha evitato la pioggia di droga, ma ci ha impedito di fruire per molti anni dei fondi CEE (Regolamento 1308/70, rinnovato – Reg. 624/97 – da Franz Fischler, che prevede un contributo di un milione e 414.500 lire per l’ettaro) previsti per la coltivazione della canapa da fibra, per uso industriale. In realtà non è stato tanto il Decreto (il divieto fù anche in sede Comunitaria solo per la “Cannabis indica” con alto contenuto del principio attivo THC -tetraidrocannabinolo- con proprietà psicoattive e non per la “Canapa sativa” da fibra), quanto la difficoltà degli organismi di controllo di distinguere morfologicamente le due varietà, e per anni hanno trovato legittimo sequestrare, sanzionare e incriminare non solo chi era e chi è colpevole di reato, ma anche gli agricoltori che, magari a loro spese, hanno riprodotto con pazienza ed abnegazione le vecchie varietà, come nel caso degli agricoltori di Carmagnola (To), le cui sementi sono ancora sotto sequestro. E pensare che le nostre sementi erano considerate le migliori dagli agronomi e dai tecnici del settore.

Nel 1994 e 1995 la sola canapa coltivata ufficialmente in Italia, sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine, è stata quella presso l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), organismo di ricerca statale. Tentativi di ricerca a scopo didattico
 (in Emilia e in Valle díAosta) sono stati repressi.

Nel 1997 la Comunità europea stabilisce che la reintroduzione della Canapa ad uso industriale sia diffusa e finanziata su tutto il territorio Europeo. Negli anni successivi, grazie a quel regolamento, nascono i primi negozi italiani tematici sulla Canapa. Un mezzo che veicola anche la diffusione dell’ auto-produzione di questa pianta per fini ricreativi.

Nel nostro paese ancora una volta però i governi che si succedono, di qualsiasi schieramento, agiscono in modo schizofrenico e per il vantaggio economico di pochi privilegiati, senza produrre una politica globale su questo vegetale.

Storia della Canapa Industriale in Italia


fonte:
1.Storia della canapa industriale in italia dal 1871 al 1923 di Cristina Bergoli


GUARDA ANCHE
Ecco Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana
https://cipiri12.blogspot.com/2019/05/canapa-nostra-il-nuovo-docu-film-sulla.html
.

 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALI
 OGNI DESIDERIO  REALIZZATO 
IL TUO FUTURO ADESSO 
entra in
MUNDIMAGO

Incenso Profumapagina

Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana

Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana

Ecco Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana



Canapa Nostra è un grido del popolo che vuole verità e giustizia, è la storia travagliata e appassionante di una pianta proibita che ha accompagnato l’uomo nella sua intera storia evolutiva. ??Il film-documentario è ora disponibile in download sulla piattaforma Distribuzioni Dal Basso tramite una donazione libera. - https://www.openddb.it/film/canapa-nostra/  -

Questa piattaforma mette a disposizione del pubblico svariati documentari di rilevanza socio-politica e ambientale; la donazione libera permette a chiunque di avere accesso a questi contenuti e sostiene con un piccolo contributo la produzione di film indipendenti (e scomodi) come questo che difficilmente trovano spazio sui canali distributivi classici.

Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana




Canapa Nostra si divide in tre capitoli:
– “La storia della cannabis”, che ripercorre le tappe principali della storia agricola, industriale e legale di questa pianta, dalla preistoria fino al proibizionismo,
concentrandosi in particolare sul nostro paese.
– “Cannabis terapeutica”, un percorso chiarificante fatto di testimonianze dirette, per un approfondimento scientifico della terapeutica a base di cannabinoidi e degli ostacoli che incontra chi vuole curarsi con la cannabis.
– “Il ritorno della canapa”, capitolo conclusivo di un percorso ancora aperto, narra la vicenda del fenomeno cannabis light e illustra le potenzialità della cannabis in ambito industriale e alimentare, tra il ritorno di un’antica tradizione e le nuove scoperte che stanno facendo di questa pianta una risorsa al centro dell’attenzione mondiale, non solo per le sue proprietà terapeutiche.

«Crediamo che questa pianta farà parlare moltissimo di sé nei prossimi mesi e anni, e con questo documentario vogliamo contribuire a fare chiarezza sui temi più importanti legati ad essa» commenta il team di produzione.

Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana

Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana

Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana

Canapa Nostra, il nuovo docu-film sulla canapa italiana


Dolce Vita ha creduto e supportato questo progetto
 da subito e come media partner siamo lieti oggi di presentarvi il trailer:

Canapa, una pianta fuorilegge.




.

 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALI
 OGNI DESIDERIO  REALIZZATO 
IL TUO FUTURO ADESSO 
entra in
MUNDIMAGO

Incenso Profumapagina

venerdì 10 maggio 2019

Demetrio Stratos

Demetrio Stratos :  Un musicista colto, un cantante della “voce”



Il 22 aprile del 1945 nasceva Demetrio Stratos.
Un musicista colto, un cantante della “voce”,
un ricercatore a tutto campo, animatore di una delle più belle formazioni musicali italiane – gli AREA – che hanno lasciato un segno indelebile nella storia musicale di questo paese.

Un omaggio a Demetrio…. la sua Internazionale!





Recensione scritta da Zarathustra per DeBaser.

Noi partiamo con questo concetto: che della voce sappiamo pochissimo, quasi niente.. e il primo pezzo che si trova sulla prima facciata di un disco che è uscito oggi, che si chiama "Cantare la voce", si chiama "Diplofonie, Triplofonie, Investigazioni" e... si tratta di utilizzare l'orecchio come microscopio per estrarre dei brandelli di suono o dividere, addirittura, dei brandelli di suono per cercare di spezzare il suono, entrare dentro il suono, spezzarlo in due e in tre parti. Come funziona, secondo il mio parere: la voce ehm... qui funziona come un veicolo che ogni tanto dà delle occhiate a destra e sinistra, in... piccole camere, e... queste occhiate rimbalzano come delle palline da ping pong. Queste palline da ping pong, che rimbalzano per simpatia, possono essere controllate."



 Demetrio Stratos - Diplofonia, Triplofonia, Investigazioni
- Live 1978 (da "Concerto All'Elfo" - 1978)

Stratos amava parlare alla gente comune dei suoi studi e delle sue teorie sulla voce-musica. Le sue elucubrazioni musicali lo portarono a recuperare la sacralità primitiva dello strumento-voce svincolato dal linguaggio e da quei meccanismi di controllo imposti dal Super-Io, che da sempre lo vogliono addomesticato ai dettami della "buona tecnica" o peggio, del bel canto.

Questo disco è l'estrema sintesi di anni e anni di studi ed esperimenti sulla voce effettuati in questa direzione. Non è dunque un disco di musica, semplicemente perchè la melodia è assente. E si badi bene, questa non è la tipica considerazione provocatoria del tipico denigratore: la musica non si vede proprio da queste parti.
Infatti, tecnicamente parlando, questo è un disco di vocalizzi ed escursioni vocali di varia natura: grugniti mescolati ad acuti ai limiti dell'umana concepibilità, come in "Passaggi 1, 2", gargarismi onomatopeici di ogni sorta ("Criptolmelodie Infantili"), grovigli vocali formati da più suoni simultanei che si sovrappongono "in itinere" (la stupefacente "Flautofonie ed altro").

Ma tutto ciò è nulla in confronto al piatto forte, la sconvolgente "Diplofonie, Triplofonie, Investigazioni". Sono troppo pavido per avventurarmi nella spiegazione di un pezzo simile, per questo ho deciso di affidarmi alle parole dello stesso Stratos (accuratamente trascritte attraverso la snervante tecnica del "play-pause"...). Quello che posso aggiungere è che c'è da rimanere letteralmente basìti per come la monodia tipica venga letteralmente polverizzata da difonie e triplofonie straordinariamente chiare, con vocalizzi che rappresentano a tutti gli effetti delle mini-orchestrazioni. Due tre suoni emessi contemporaneamente e facilmente distinguibili.. Insomma qualcosa di davvero aberrante.

Detto questo, a chi consigliare un disco simile ? Ovviamente solo a chi è particolarmente attratto dalle immense potenzialità della voce umana e dalle straordinarie capacità tecniche di Stratos. Anche per quelli, comunque, il disco richiede ascolti reiterati prima di poter essere apprezzato.



.

 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALI
 OGNI DESIDERIO  REALIZZATO 
IL TUO FUTURO ADESSO 
entra in
MUNDIMAGO

Incenso Profumapagina

loading...
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

Lettori fissi

Elenco blog AMICI

WAEZE & Miky Lowryder