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venerdì 17 agosto 2018

Aretha Franklin

Franklin, passata alla storia come “regina del soul”, era una delle più celebri personalità della cultura popolare del Novecento, una di quelle talmente famose da essere chiamate soltanto per nome Aretha

Era la “regina del soul” e la più grande cantante di sempre, secondo molti: aveva 76 anni



Aretha Franklin, la più grande cantante di tutti i tempi secondo molti giudizi della storia, è morta oggi a 76 anni a casa sua a Detroit, dopo i gravi problemi di salute avuti negli ultimi mesi, sui quali non aveva fornito molti dettagli. Franklin, passata alla storia come “regina del soul”, era una delle più celebri personalità della cultura popolare del Novecento, una di quelle talmente famose da essere chiamate soltanto per nome.


Franklin cominciò a cantare gospel nel coro della New Bethel Baptist Church di Detroit, dove suo padre era pastore, e a 18 anni aveva già firmato un contratto con la Columbia, etichetta con cui ebbe i primi successi prima di sfondare sotto la Atlantic alla fine degli anni Sessanta. Nella sua lunghissima carriera vinse 18 premi Grammy e vendette decine di milioni di dischi, diventando tra le altre cose la prima donna a entrare nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1987.

Tra gli anni Sessanta e Settanta incise alcune delle più famose canzoni soul di sempre, come “Respect”, “Think” e “You Make Me Feel (Like A Natural Woman)”, e collaborò e duettò praticamente con chiunque valesse la pena collaborare e duettare. Tra le molte cose che fece, una di quelle ricordate con più affetto fu l’apparizione nel film The Blues Brothers, nei panni di una proprietaria di fast food severa e spigolosa. L’anno scorso aveva annunciato la sua decisione di smettere quasi completamente di esibirsi dal vivo, e all’inizio di quest’anno aveva dovuto cancellare alcuni concerti – tra cui uno a Newark per il suo 76esimo compleanno – su suggerimento dei medici.

Nacque il 25 marzo 1942 a Memphis, in Tennessee, da un padre predicatore e una madre pianista e cantante. Ma a cinque anni si trasferì con la famiglia a Detroit, poco prima che sua madre se ne andasse a Buffalo lontano dal marito, ormai diventato una celebrità religiosa, ma anche un alcolista, violento e infedele. Dalla metà degli anni Cinquanta, Franklin seguì il padre in tour per gli Stati Uniti, cantando e suonando il piano al suo seguito. Fu qui che cominciò a mettere in mostra la sua voce straordinaria, con un’estensione e un’intonazione rari e il timbro caldo e profondo che la contraddistinse per tutta la carriera.

Registrò le prime canzoni a 15 anni, quando aveva già partorito il suo secondo figlio (il primo lo aveva avuto a 12 anni). Lasciò la scuola, ma insieme a quella religiosa la sua prima adolescenza le trasmise anche una coscienza politica, che prese forma intorno alle discriminazioni quotidiani che doveva vivere una donna afroamericana. Negli anni successivi sarebbe diventata amica di Martin Luther King, che aiutò a organizzare la Marcia su Washington.
 Nel 1968 cantò “Precious Lord” al suo funerale.

Il suo primo disco soul con la Columbia uscì nel 1961 con il nome di Aretha: With The Ray Bryant Combo, che ebbe un discreto successo, ma fu soprattutto negli anni seguenti, con alcune canzoni più pop, che si fece un nome.

Nel 1966 cambiò etichetta, e fece bene: con la Atlantic portò la sua prima canzone tra le prime dieci nella classifica di Billboard, “I Never Loved a Man (The Way I Love You)”, e il disco omonimo la fece sfondare. Nel 1968, con Lady Soul e Aretha Now, diventò presto uno dei più grandi nomi della musica soul: contenevano canzoni come “I Say a Little Prayer” e “Chain of Fools”, ancora oggi tra le sue più famose. “Respect” e “Think”, la prima una cover di Otis Redding, diventarono degli inni del femminismo e dei diritti degli afroamericani.
A giugno di quell’anno, Franklin finì sulla copertina di Time.

Assieme al successo, negli anni Sessanta arrivarono anche i primi esaurimenti nervosi che l’avrebbero accompagnata per tutta la sua vita, dovuti al suo primo, violento marito o ai problemi che le dava il padre. Negli anni successivi cominciarono anche i primi problemi di salute, legati a frequenti drastiche perdite di peso, a periodi di dipendenza dall’alcol e al suo incallito tabagismo.

Gli anni Settanta furono quelli di “Spanish Harlem” e “Day Dreaming”, e di dischi come Spirit in the Dark e Gifted & Black. Negli anni Ottanta e Novanta, quando la musica soul aveva perso la popolarità trasversale dei decenni precedenti, Franklin continuò a sfornare dischi e a collaborare con alcuni dei più grandi nomi del jazz e del pop mondiale, da George Benson a George Michael, presenziando a cerimonie ufficiali, concerti commemorativi ed eventi speciali, dal Super Bowl alla cerimonia di insediamento di Barack Obama nel 2009. Nel 1998, il tenore italiano Luciano Pavarotti avrebbe dovuto cantare ai Grammy, ma si diede malato: con un preavviso di venti minuti, Franklin cantò al posto suo “Nessun dorma”, della Turandot di Giacomo Puccini. Tutto spostandosi in auto: aveva molta paura di volare, e non prese nessun aereo tra il 1982 e il 2016, quando secondo alcuni giornali volò da Detroit a Chicago.

Negli ultimi anni aveva avuto diversi problemi di salute, ma aveva smentito di aver avuto un cancro al pancreas come avevano scritto molti giornali.


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domenica 12 agosto 2018

Social Mob #SalviamoCampione


I dipendenti del casinò di Campione hanno dato vita a una roulette umana di fronte alla sala da gioco per chiedere di salvarla dal fallimento.

 I dipendenti del casinò di Campione hanno dato vita a una roulette umana di fronte alla sala da gioco per chiedere di salvarla dal fallimento. Gli addetti si sono sdraiati per terra, in cerchio, disponendosi a forma di roulette, alternando una maglietta rossa e una nera, mentre uno di loro correva in tondo come una pallina. Poi si sono girati, mostrando sulle loro schiene le lettere che formavano la scritta 'Salviamo Campione'.
    "Il 27 luglio 2018 - scrivono i lavoratori lanciando il video del 'social mob' su Facebook e Youtube - tutto si e' azzerato, la vita di più di 600 famiglie e' stata messa in stand-by, niente lavoro... nessuna dignità. #salviamocampione siamo un casino' ufficiale: unico vero garante del gioco sicuro, responsabile e controllato". Nei credits, alla voce cast, si legge
'tutta la popolazione di Campione d'Italia'.


Il Casinò di Campione d’Italia ha chiuso i battenti. Il 27 luglio, con il fallimento decretato dal Tribunale di Como, sono stati posti i sigilli e i 486 dipendenti sono rimasti per strada, proseguendo nella mobilitazione sindacale già in corso da mesi. Ora il crack del Casinò sta trascinando nel baratro il Comune di Campione, proprietario della casa da gioco, da cui dipende la sua stessa sopravvivenza. Il 9 agosto sono stati dichiarati 86 esuberi di dipendenti comunali (su un totale di 102) e per loro è stata avviata la procedura di mobilità.

LA SITUAZIONE DI CAMPIONE

Campione d’Italia è un comune unico. Fa parte della Provincia di Como, ma è di fatto un’enclave in territorio svizzero. Tutta la sua economia ruota attorno al Casinò, gestito da una società pubblica, la Casino di Campione spa, un tempo di proprietà delle province di Como, Varese, Lecco e del Comune di Campione, che oggi è socio unico. Il bilancio dell’ente locale si poggia quasi interamente sugli introiti derivati dalla casa da gioco. Il problema è che il drastico calo degli incassi registrato negli ultimi sette anni ha provocato un buco di bilancio che ha causato sia il fallimento del Casinò, sia il dissesto del Comune.

I RAPPORTI COMUNE-CASINÒ

Negli anni d’oro, il Casinò incassava fino a 180 milioni di franchi l’anno, soldi che hanno permesso non solo di finanziare numerose opere pubbliche (a Campione ma anche nelle Provincie allora socie), ma anche di pagare gli stipendi – parametrati al costo della vita svizzero – dei manager e del personale della casa da gioco e del Comune. Risale a quest’epoca la lievitazione del personale comunale, arrivato oggi a contare ben 102 dipendenti per un Comune di appena 2000 abitanti. Un numero spropositato, se confrontato alla media dei Comuni paragonabili per dimensioni, giustificato in parte dal fatto che nell’enclave esistono funzioni specifiche e anche che il Comune impiegava direttamente gli addetti al controllo della sala da gioco, a garanzia di soci e dei giocatori. Ma giustificato anche – questa è l’accusa che oggi rimbalza sulle pagine di molti giornali – dalla necessità della politica di “sistemare” uomini e personale.

LA CRISI

Quanto costano gli stipendi del sistema Campione? Lo riassume Matteo Guarinzoli Lombardo, RSU del Casinò e segretario territoriale UILCOM. «Il monte stipendi della sala da gioco è di circa 40 milioni di franchi per 486 dipendenti, quello del Comune di 17 milioni per 102 dipendenti». Parliamo di cifre di tutto rispetto, fra gli 80mila e i 160mila euro di media, che comunque sono parametrate al costo della vita svizzero, nettamente più alto rispetto a quello italiano, basti pensare che nella Confederazione la soglia di povertà è fissata a 16mila euro, in Italia a 9700. Significa anche che, in media, il personale del Comune ha uno stipendio doppio rispetto a quello della sala da gioco.

Per pagare le proprie spese (cioè soprattutto gli stipendi), l’ente locale fino a qualche anno fa introitava il 40% degli incassi del Casinò. Poi si è “ridotto” la quota passando a un prelievo fisso di circa 25 milioni l’anno. La sintesi? «Il Comune ha utilizzato il Casinò come un bancomat per raggiungere il pareggio del bilancio», dice Guarinzoli.

Questo il sistema ha retto fino al 2011, l’anno in cui si è registrato il primo calo degli incassi, che ha portato a una progressiva riduzione del personale della casa da gioco. Nel frattempo gli altri soci (le Province) si sono chiamati fuori e il Casinò non ha più versato le quote al Comune, pur iscrivendo i debiti a bilancio. Il buco è cresciuto e il risultato è il fallimento.

AZIENDA IN UTILE

Ora Campione è in ginocchio. «Attenzione – avverte Guarinzoli – Il problema non è la gestione aziendale del Casinò, che produce utili: il problema è che quegli utili non sono più sufficienti a sostenere l’intero sistema». Cioè il complesso Comune-Casinò.

I dipendenti della casa da gioco e del Comune sono in piazza gli uni accanto agli altri e fanno fronte comune, ma le loro posizioni sono diverse. Da un lato i 486 del Casinò, che sono già per strada e quelli di loro che vivono in Svizzera rischiano l’espulsione per essere rimasti senza lavoro. Dall’altro, gli 86 esuberi comunali, maggiormente tutelati perché possono beneficiare della mobilità. Un magra consolazione perché, anche se spostati in altri enti, difficilmente potranno continuare a vivere a Campione con il nuovo stipendio “italiano”. Insomma, la situazione pare senza uscita.

LE RICHIESTE A SALVINI

Le sigle sindacali, nelle loro manifestazioni hanno chiesto l’intervento della politica, lanciando un appello ai ministri Matteo Salvini, Luigi Di Maio ed Enzo Moavero Milanesi, titolari di Interno, Sviluppo economico ed Esteri. «La priorità è senz’altro riaprire il Casinò, che ogni giorno di chiusura perde 250mila euro – dichiara Guarinzoli -. Poi bisognerebbe introdurre un controllo diretto, ministeriale o regionale, del Casinò. Gli introiti al Comune dovrebbero essere garantiti tramite un canone di locazione. Il punto è che controllore (Comune) e controllato (Casinò) devono essere separati». Resta da capire come l’intervento dello Stato possa puntellare un sistema che ormai non si regge più in piedi. Una strada, pur dolorosa, 
passa dalla riduzione del personale comunale, già avviata.

«L’apertura della procedura di mobilità per gli 86 dipendenti 
per noi è segno che il Comune ha preso coscienza del problema» chiosa Guarinzoli.

insomma troppi assunti
a succhiare lo stipendio
dal Casinò ed il 
Sistema è Crollato



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mercoledì 1 agosto 2018

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