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lunedì 28 ottobre 2013

Lou Reed è già nell'Olimpo dei miti


Lou Reed, Mick Jagger, David Bowie, in una foto degli anni Settanta. Tempi di grandi sperimentazioni, di eccessi, di ricerca, di contaminazione tra la musica e l'arte contemporanea. Ricordiamo ancora Lou Reed, tra i maggiori poeta del rock, scoparso il 27 ottobre 2013, dopo una fulminante malattia. Un racconto che attraversa la sua lunga carriera e che scandaglia la sua anima fragile e selvaggia. Un testo intervellato da una serie di video, dalle origini con i Velvet Undergorund, fino a una recente esibizione con l'amata Laurie Anderson...

Lou Reed e l’oscura bellezza del rock

Scompare a soli 71 anni, dopo una fulminante malattia. Il mondo lo celebra come un poeta e un genio del rock. Lou Reed è già nell'Olimpo dei miti che hanno scritto la storia della musica a cavallo tra i due secoli. Un ritratto intenso di un artista straordinario, che unì sensibilità maudit e desiderio di sperimentare.



Lou Reed è uno studentello ebreo, magrissimo, appena laureato in letteratura, passato per l’elettroshock da una famiglia perbene e perbenista di Long Island che mal digerisce quel figliolo “bizzarro” con la passione per il rock e dai gusti sessuali incerti. È uno che a ventitre anni scrive un pugno di canzoni destinate a restare nell’eternità, composte mentre i Beatles sperimentano LSD e santoni indiani, Dylan viene contestato nel suo passaggio dal folk al rock, e gli Stones uniscono il blues al rock. Assieme a John Cale, Sterling Morrison e Moe Tucker, con la benedizione e la spinta decisiva di Andy Warhol, fonda nel 1964 i Velvet Underground e ottiene la possibilità di incidere un disco. Ma a patto di caricarsi una delle vedette della Factory, una teutonica modella con un nome maschile: Nico. L’aspetto fintamente angelico della fanciulla e la sua voce profonda si rivelano perfetti nell’alternare delicatezza e viziosità. Nico canta di una ragazza che seduce gli uomini per poi catalogarli impietosamente nel proprio diario (Femme fatale), confessa di frequentare festini dissoluti (All tomorrow’s parties), per poi sciogliersi nella più disarmante dolcezza (I’ll be your mirror).

The Velvet Underground - Heroin

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Nel celebre album dalla copertina con la banana, The Velvet Underground & Nico (1966), ad abbagliare sono poi i luccichii di Sunday morning e la ricerca angosciante di stordimenti sintetici (I’m waiting for the man; Heroin). Il mondo di riferimento di Lou è già tutto qui: droga, perversioni, sessualità confuse, derelitti allo sbando, incapacità di vivere “normalmente”. Stupisce, il ragazzo, per la profondità delle proprie parole e per la cruda descrizione degli ambienti che pare impossibile aver già così ben conosciuto. Mentre il viaggio attraverso una new wave sperimentale e ardita, fa di lui uno dei grandi innovatori del linguaggio musicale, accanto ad altre figure dirompenti della scena newyorchese ed europea.

walk on the wild side ~ lou reed

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Nelle sue canzoni si condensa il buio dell’anima, descritto con uno spessore umano e psicologico da far apparire meraviglioso ciò che è orrendo. Situazioni scabrose, violenza dei rapporti interpersonali, la vita ai margini della società, umiliazioni private e provocazioni pubbliche, depressioni insanabili e rancori indicibili sono il cuore della sua poetica, desunti dalla letteratura beat. Basti pensare a uno dei suoi più grandi successi, Walk on the wild side (1972): ogni strofa, la descrizione di un personaggio della Factory, esaltato nella propria miseria e reso immortale, come Masters negli epitaffi di Spoon River: Holly, venuta da Miami F-L-A, “shaved her legs and then he was a she”; Candy, “in the backroom she was everybody’s darling But she never lost her head even when she was givin’ head”; Little Joe, che non ha mai dato via il culo gratis perché “everybody had to pay and pay, a hustle here a hustle there”.
Ma forse la più grande dote di Lou è quella di mettersi a nudo e denunciare le proprie debolezze. Nel suo primo album da solista (1972), nella magnifica Berlin, avvolta da un’atmosfera da fumoso e assonnato cabaret anni ’30, confessa: “You’re right and I’m wrong, You know I’m gonna miss you Now that you’re gone”. Nel suo più celebre pezzo, Perfect day, al termine di una giornata passata a bere sangria al parco con la persona amata, ti distrugge dicendo: “You made me forget myself, I thought I was someone else, someone good”. Non è un eroe, né tantomeno una figura edificante: confessa soltanto la sua vulnerabilità e chiede attenzione, anche se poi la rifiuterà. Come dimostra quello che forse è il suo più grande capolavoro, l’album Berlin (1973), che trasuda letteralmente dolore esistenziale, quello della protagonista Caroline, una creatura fredda e solitaria, pestata dal suo uomo e che non ha paura di morire.
Lou non era solo un poeta e un grande musicista, ma un artista totale. Oltre ad aver collaborato con David Bowie, Antony & the Johnsons, Patti Smith, più recentemente con i Metallica, era anche un talentuoso fotografo di immagini suggestive, e appena pochi anni fa aveva diretto un documentario su una cugina centenaria, Red Shirley (2010). Nelle interviste era scontroso, annoiato dalla banalità delle domande e dalla prevedibilità degli interlocutori. “Non ho un messaggio da dare, non voglio dare esempi”, diceva. Era tra i pochi a poter vantare diverse partecipazioni a film d’autore nei panni di se stesso, come Blue in the face (Wayne Wang, 1995), nel quale parla del suo rapporto con New York, del fumo e dei suoi occhiali.

Lou Reed - Dirty Boulevard (live)

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Lou ha cantato New York nelle sue bassezze e nelle sue miserie come nessun altro, tanto da dedicare alla Grande Mela un intero album (1989): non si identifica col broker in limousine o con l’affarista di successo, ma con il piccolo ispanico che cresce nell’immondizia e nella violenza ai piedi della Statua dell’Intolleranza e che sogna di volare via da tutta quella disperazione.

Lou Reed & Laurie Anderson "I'll be your mirror" Live in Paris 2009

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Lou rappresentava nel bene e nel male la sua New York, ma soprattutto incarnava alla perfezione lo spirito avanguardistico e l’interesse per l’arte della sua città. A cominciare dal rapporto complesso col proprio mentore, Andy Warhol, negli anni d’oro della Factory di metà Sessanta, omaggiato affettuosamente assieme a Cale con il concept album Songs for Drella (1990); e poi le collaborazioni con Timothy Greenfield-Sanders, Bob Wilson e Julian Schnabel; la partecipazione a The artist is present (2012), in cui è uno dei tanti a sedersi e ad emozionarsi dinanzi a Marina Abramovic. Non a caso la sua ultima compagna è stata l’amatissima Laurie Anderson, con la quale ha più volte duettato. Soltanto chi ha avuto la fortuna e l’onore di vederli assieme sull’isola di San Giorgio a Venezia in una magica serata del 2002 può capire davvero quanto grande fosse come persona, prima che come rocker. Nel maggio scorso, Lou ha subito un trapianto di fegato. Ha resistito pochi mesi, tentando di tornare a lavorare. Ma non ce l’ha fatta. Lou Reed in realtà non morirà mai. Con le sue parole e la sua musica, resterà a lungo il nostro specchio, pronto a riflettere quello che siamo.

 Grazie a Giulio Brevetti

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domenica 27 ottobre 2013

Great Wall of Vagina


Jamie McCartney sta realizzando un pannello insolito che verrà messo all’asta per beneficenza.
 Si tratta di più di 400 calchi di vagina, al momento ne ha solo 370 e ha indetto un casting per raggiungere il numero prefissato, ogni pannello sarà composto da 40 calchi per un totale di 10 pannelli, un vero e proprio Great Wall of Vagina.
 In ogni opera c’è un intento, quello di Jamie è quello di mostrare le varietà di forme che la vagina può avere, rendendola “pubblica” in modo da ristabilire l’equilibrio tra imbarazzo e consapevolezza.

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Genitali femminili sono stati a lungo una fonte di fascino, recentemente di festa, ma in generale di confusione. Oggi sembra che la creazione di immagini della vagina è l'unico appannaggio di pornografi, artisti erotici e femministe. Passo in artista inglese Jamie McCartney, che ha colto l'ortica per creare una scultura monumentale muro tutto su questa più intima dei luoghi. Per 400 donne i loro privati ​​sono andati pubblico ...

La metà di un decennio da quando le sue umili origini, La Grande Muraglia della vagina ha sedotto le donne provenienti da diversi paesi e di tutti i ceti sociali di volontariato che viene espresso dal McCartney in una reazione estremamente positiva per il progetto.

Il lungo polittico 9 metro consiste di quattrocento calchi in gesso di vulve, tutti unici, organizzati in dieci grandi pannelli. McCartney ha precisato per rendere questo progetto più ampio e inclusivo possibile. La fascia d'età delle donne è 18-76. Sono inclusi madri e figlie, gemelli identici, uomini transessuali e donne così come una donna di pre e post natale e un altro pre e post labiaplasty.

Non è volgare, è vulva! Questo non è solo sensazione, è l'arte con una coscienza sociale e McCartney vuole la gente a fermarsi, guardare e ascoltare. Qui si tratta di catturare l'attenzione, con umorismo e spettacolo, e poi educare le persone su ciò che le donne normali davvero assomigliano. Descritto come "I monologhi della vagina di scultura" questo pezzo è destinato a cambiare la vita delle donne, per sempre.

"Per molte donne il loro aspetto genitale è una fonte di ansia e io ero in una posizione unica per fare qualcosa al riguardo."

Vulve e piccole labbra sono diversi come i volti e molte persone, in particolare donne, non sembrano saperlo. McCartney spera che questa scultura aiuterà a combattere l'aumento esponenziale, visto negli ultimi anni, di cosmetici ambulatori labiali. Questa nuova moda per creare vagine 'perfetto' imposta una tendenza preoccupante per le future generazioni di donne.

La Grande Muraglia della vagina rende la visione affascinante e rivelatrice che è un grido lontano dalla pornografia. Non è arte erotica. Non si tratta di eccitazione. McCartney ha tirato fuori un trucco incredibile - per rendere deliberatamente la non sessuale sessuale e vi porterà molto più profondo. Uno è in grado di fissare senza vergogna ma con meraviglia e di stupore per questa denuncia della varietà umana.

"E 'ora la nostra società è cresciuta intorno a questi temi e sono certo che l'arte ha un ruolo da svolgere."

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Jamie McCartney

Jamie McCartney è uno scultore inglese, formatosi alla Scuola d'Arte di Hartford, Stati Uniti d'America, da dove si è laureato con il massimo dei voti nel 1991.

Jamie è un artista che è difficile da definire. Ammette di avere una Oevre gran parte scultorea,
 ma il suo lavoro attraversa molte discipline e che rifugge qualsiasi etichetta particolare. 
"Do la colpa mia laurea in Experimental Studio Art ... Sto ancora sperimentando ".
 Questo è vero. 
Se c'è una firma McCartney è il suo approccio completamente nuovo per fare arte. 
Nessun argomento è tabù, nessun processo o il materiale è off limits. 
Egli abbraccia esperimento come la forza trainante dietro la sua creatività, spesso mettendosi in extremis per realizzare i suoi slip autoimposti. Interrogato, 
"Ho appena faccio roba" è il suo mantra. 
Questa finta umiltà nasconde una forte, alcuni direbbero eccentrico,
 pharacter con un preciso je ne sais quoi ... 
E 'un maerick, un enfant terrible e quello che fa sta causando una molto scalpore.

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LINKS: ITALY IN A DAY : UN GIORNO DA ITALIANI



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IL PRIMO FILM GIRATO DA TUTTI NOI

Vogliamo realizzare un film collettivo che parli di tutti noi: gli italiani del 2013. E per farlo abbiamo bisogno di ognuno di voi! Con Italy in a Day avrai un'opportunità unica: la possibilità di racontare attraverso il tuo sguardo o la tua voce ciò che ritieni importante o emozionante. Puoi essere autore o protagonista di un film mai realizzato prima. Per partecipare basta prendere un telefonino o una telecamera dal 26 ottobre 2013 e filmare ciò che ti sta a cuore. Hai 24 ore per riprenderti e 3 settimane per registrarti e caricare tutto su questo sito. Tutti gli autori dei video selezionati per il montaggio finale di italy in a Day saranno citati come autori del film accanto al nome di Gabriele Salvatores. Entrerai anche tu nella storia del cinema italiano.
leggi tutto qui sotto ...
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domenica 20 ottobre 2013

LINKS: FIRMIAMO contro le trivelle nel canale di Sicilia ...


FIRMIAMO contro le trivelle nel canale di Sicilia !!!!!



Dove tutte le navi passano, dove tutti i pescatori pescano, 
lo Stato Italiano vorrebbe trasformare il tragitto,
 da libero qual è, ad una corsa ad ostacoli.

L’Italia è il paese di navigatori, poeti e santi. Riguardo ai navigatori, le pagine di cronaca dei nostri quotidiani ci confermano che il settore della navigazione non sforna più illustri nocchieri. Come poeti siamo insuperabili, basti pensare che il petrolio si “coltiva” e gli impianti si dicono di “coltivazione”. Riguardo ai santi … non ci rimane che affidarci a loro in caso le coltivazioni vadano male.

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IL FUTURO DEL MEDITERRANEO - bene comune o bacino per lo sfruttamento di idrocarburi? from gianpaolo rampini on Vimeo.
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SPORTIVOX Ecotrail 2013 a Pantelleria from gianpaolo rampini on Vimeo.
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Segui e diffondi la nostra campagna e aiutaci a dire no alle trivellazioni nel Canale di Sicilia.
leggi tutto e FIRMA ...
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venerdì 11 ottobre 2013

Teatro Valle Occupato di Roma : Progetto Eros



Guarda il film

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Questo documentario non si limita a descrivere la realtà, 
non si propone di raccontarla, agisce nel reale, esiste per provare a modificarlo, a renderlo migliore. 

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Eros è il demone che congiunge elementi opposti, senza annullarli. Eros è la forza in grado di unire in un unico corpo sociale una moltitudine di cittadini. Eros è un progetto che nasce dal Teatro Valle Occupato di Roma per creare legami tra esperienze di lotta e insorgenze artistiche in giro per l’Europa. Il progetto Eros è polimorfo. Fluido e nomade, teso alla democrazia reale e ai beni comuni. Eros/Euros è una carovana che attraversa l’Europa da Atene a Francoforte, un blog, un film documentario. L’Europa non esiste. L’Europa è una fortezza. L’Europa è una tensione comune. La crisi economica, il caso eclatante della Grecia, le holding finanziarie parlano chiaro: la sovranità dei governi nazionali sulle politiche economiche e sociali è sospesa, la democrazia è di fatto commissariata. Quella che noi vogliamo come Europa è un’Europa col Mediterraneo in mezzo. Europa di transiti, di relazioni. Europa dei diritti, della democrazia reale, dei beni comuni, del reddito di cittadinanza e della cooperazione sociale. È l’alternativa reale costruita sul comune ed esiste già: l’abbiamo vista tutto quest’anno accesa dalle moltitudini e dai movimenti. Questo sentimento chiede ora di avere un corpo: servono forme per organizzarci, luoghi di reciproco riconoscimento. Eros è passione per l’agire collettivo.

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Siamo convinti che non sia più sufficiente limitarsi a catturare le esperienze ed esprimerle nelle forme più suggestive e originali ma che bisogna operare per incidere direttamente su ciò che avviene.
Da due anni il teatro Valle è occupato con queste finalità, se le condividi sostienilo e dopo aver visto il film diventa socio della fondazione Teatro Valle Bene Comune e aiutaci a diffondere il progetto eros
In accordo alla bozza di statuto non viene attribuito ai soci alcun potere decisionale sulla base della minore o maggiore quota versata, ti chiediamo pertanto di dare il massimo per sostenere la fondazione e gli scopi che intende perseguire in rapporto alle tue possibilità e al tuo desiderio.

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martedì 8 ottobre 2013

Disastro del Vajont : Marco Paolini - Il racconto



Marco Paolini - Il racconto del Vajont

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Disastro del Vajont dovuto a una frana pilotata

Era il 1963 e nell’ufficio di Longarone (Belluno) dell’allora notaio Isidoro Chiarelli si trovavano, per firmare un atto relativo all’acquisto di un terreno, i dirigenti della SADE, Società Adriatica Di Elettricità, proprietaria della diga del Vajont e l’Enel. Tra quelle quattro mura, le parole che il notaio udì furono più o meno queste: “Facciamolo il 9 ottobre, verso le 9-10 di sera, saranno tutti davanti alla tivù e non ci disturberanno, non se ne accorgeranno nemmeno. Avvisare la popolazione? Per carità. Non creiamo allarmismi. Abbiamo fatto le prove a Nove, le onde saranno alte al massimo 30 metri, non accadrà niente e comunque per quei quattro montanari in giro per i boschi non è il caso di preoccuparsi troppo”. Dopo di che, un avvertimento: “Lei ha un segreto professionale da rispettare, altrimenti se ne pentirà”. Sono passati 50 anni, l’onda raggiunse 300 metri d’altezza e travolse 1910 vite umane, distruggendo quello che incontrava lungo il suo percorso e devastando il paese di Longarone. Una strage che si pensava causata da una frana staccatasi dal monte Toc, di fronte ad Erto e Casso, e precipitata nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, provocando un’onda che scavalcò la diga e travolse il paese sottostante.


Animazione digitale della frana del monte Toc - Vajont

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Ora, come spiega al Gazzettino, la figlia del notaio scomparso nel 2004, Francesca, racconta una verità che, all’epoca, aggiunge la sorella Silvia, docente universitaria a Padova, “costò alla famiglia l’isolamento dalla Belluno che conta. Ma nostro padre, anche se per quasi due anni non lavorò più, schivato da tutti, non smise mai di farsi testimone di quelle parole. Per questo ebbe molti problemi, pressioni e minacce. Il suo grande cruccio fu quello di non essere mai creduto, nemmeno nella sua veste ‘certificante’ di notaio”. L’onda, in quella tragica notte del 9 ottobre, arrivò alle 22.39, appena 39 minuti più tardi rispetto l’orario indicato dai dirigenti SADE. “La sera del disastro programmato mio padre ci fece stare pronti. Eravamo vestiti di tutto punto, pronti a scappare”. In paese, la maggior parte della popolozione era a casa, guardava la partita in televisione. Secondo la SADE, questa sarebbe stata la loro garanzia di tranquillità per eseguire la manovra di far scendere quella frana che pesava come un macigno sul valore dell’opera, destinata ad essere venduta all’Enel. Stando agli studi effettuati a Nove, l’onda doveva avere un’altezza di una trentina di metri: non avrebbe mai potuto provocare simili danni. Francesce di tutto questo ne parla ora, quasi 50 anni dopo, perchè “Mio padre ci provò in tutti i modi, ma non ebbe ascolto. Parlarne oggi, in cui l’attenzione mediatica è forte, per l’imminente cinquantesimo, non può che rendere onore al coraggio di nostro padre. E poi basta parlare di disgrazia: nostro padre lo chiamava eccidio”.
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domenica 6 ottobre 2013

Festival : Audiodocumentari in città


Presentato il festival "Audiodocumentari in città"

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 Audiodocumentari in città, parla la voce

“Raccontami una storia, fammi conoscere la realtà”: è questo il tema della prima edizione di Audiodocumentari in città, rassegna ideata e curata dall’associazione culturale Officine Abaco e dallo Studio QZR in collaborazione con il Lucca Film Festival, Radio 3 Rai, il Comune e la Provincia di Lucca, Audiodoc e l’Associazione Musicale Lucchese, che si terrà a Lucca dal 23 al 27 settembre con due workshop, otto ascolti e altrettante tavole rotonde.
La manifestazione è stata presentata questa mattina (venerdì 20 settembre) a Palazzo Ducale dal presidente della Provincia, Stefano Baccelli, e dall'assessore alla Scuola Mario Regoli, insieme agli organizzatori Flavia Piccinni, scrittrice e giornalista, e Leonardo Romei, semiotico e progettista, per Associazione Culturale Officine Abaco. Alla conferenza stampa erano presenti anche il direttore della Casa circondariale S. Giorgio di Lucca, Francesco Ruello, Arnaldo Filippini e Luigi Bevilacqua di Studio QZR, Marcello Parducci e Simone Soldati, rispettivamente presidente e direttore artistico dell'Associazione Musicale Lucchese.
La rassegna vuole riportare l'attenzione su un genere che indaga la realtà non tramite le immagini e il video ma attraverso l’utilizzo esclusivo del suono e della voce, lasciando all'immaginazione la possibilità di “costruire” la parte visiva. All’estero l’audiodocumentario è un genere molto popolare; in Italia, dopo essere stato dimenticato per anni, adesso gode di un nuovo interesse, raccogliendo l'eredità della radio italiana, capace di “far vedere” le cose con le parole.
«Mi congratulo con gli organizzatori di questa manifestazione – ha affermato il presidente della Provincia, Stefano Baccelli – che ha il coraggio di muoversi “in controtendenza”, rivendicando il valore dell'ascolto. Credo che nella nostra epoca dominata dall'immagine sia davvero necessario e importante riqualificare la nostra sensibilità rispetto all'azione di ascoltare che porta con sé una ricchezza e un significato che altrimenti rischiamo di perdere».
«Siamo davvero lieti di offrire agli studenti l'opportunità di scoprire e sperimentare le potenzialità comunicative dell'ascolto e della parola – ha affermato nel suo intervento Mario Regoli, assessore alla Scuola – e di poterlo fare rispetto a temi di scottante attualità come quelli che toccano la piaga del gioco d’azzardo, il rapporto fra industria e ambiente, la realtà del carcere e l’assistenza familiare».
Durante la rassegna, infatti, saranno coinvolti un centinaio di studenti provenienti dal liceo scientifico “Vallisneri”, dall'istituto per il turismo “Pertini” e dal liceo artistico-musicale “Passaglia” che, partecipando agli workshop a Palazzo Ducale, avranno la possibilità di capire cosa è e come funziona un audiodocumentario e di riflettere sull'importanza delle fonti orali per la memoria storica dei singoli e della collettività.
«Aprire il carcere a questa manifestazione – ha affermato il direttore della Casa Circondariale San Giorgio, Francesco Ruello – da una parte segna la continuità rispetto all'attività di incontro e di confronto che da anni portiamo avanti con le scuole lucchesi e dall'altra ci permette di riscoprire l'ascolto. Dentro le celle, infatti, tutti i sensi sono come ridotti o snaturati: basti pensare alla vista limitata dalle mura di cinta e dalle sbarre e al silenzio che all'interno della struttura è praticamente inesistente».
«A nome degli organizzatori di “Audiodocumentari in città” - ha affermato Flavia Piccinni dell'Associazione Culturale Officine Abaco - ringrazio tutti gli enti e le realtà che ci hanno permesso di realizzare questa prima edizione della rassegna. Nel nostro progetto, i ragazzi coinvolti quest'anno come uditori dovranno essere i protagonisti della prossima edizione, realizzando alcuni audiodocumentari che raccolgano le testimonianze dei lucchesi. Utilizzando le potenzialità della “scrittura audio”, infatti, potranno costruire un ritratto di Lucca attraverso la voce e le storie di chi vive e anima la città».
I protagonisti della rassegna saranno Jonathan Zenti con “Fuga dalla Vittoria”, lavoro sul gioco d’azzardo realizzato da un gruppo di ex giocatori; Ornella Bellucci e “Ilva, c’era una rivolta” racconto in presa diretta dei giorni drammatici che hanno risvegliato Taranto e l’Italia rispetto all’acciaieria di proprietà della famiglia Riva; Flavia Piccinni con “Italia-Romania: in viaggio con le badanti”; Angelo Van Shaik e “La Tromba d’oro” sugli anni in carcere di Chet Baker nel carcere di Lucca.

Il programma completo è consultabile sul sito

http://www.officineabaco.it/audiodocumentari-in-citta .
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mercoledì 2 ottobre 2013

SCIENZA: Allunaggio restaurato video

Allunaggio restaurato video


Allunaggio restaurato in italiano: versione 3.3
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SCIENZA: Allunaggio restaurato video: Allunaggio restaurato in italiano: versione 3.3 Festeggio l'arrivo di Oleg Kotov, Sergey Ryazanskiy e Mike Hopkins alla Stazione S...

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