La flat tax conviene ai ricchi.
Un lavoratore dipendente che guadagna 1.000 euro al mese, 12 mila euro l’anno, gode oggi della detrazione degli 80 euro e non paga l’Irpef. Un ricco calciatore che guadagna 12 mila euro al giorno si metterà in tasca un milione di euro in più. Già oggi 6 contribuenti su 7 hanno un’aliquota Irpef inferiore al 23%. Tutti questi avranno benefici limitati o nulli. «D’accordo — dicono Berlusconi e Salvini — ma nessun contribuente pagherà di più e la maggior parte avrà qualche vantaggio. Voi contrari siete la solita sinistra che vuole fare piangere i ricchi». Chi pagherà il conto? Secondo loro nessuno. La versione di Salvini: emergeranno decine di miliardi dagli evasori che commossi dal gesto inizieranno a versare fino all’ultimo centesimo. È davvero così? Nemmeno per sogno. La flat tax riguarda solo le tasse sui redditi (Irpef e Ires). Non cambia l’Iva e i contributi sociali. L’evasione fiscale parte dall’Iva. Occultando l’Iva su quello che vende, l’evasore giustifica anche un reddito più basso. Quindi prima di ammettere un reddito più alto dovrebbe dichiarare spontaneamente maggior Iva, senza avere alcun «vantaggio». Il gettito fiscale italiano ammonta a circa 730 miliardi di euro. Se la flat tax alleggerisse il conto di 50 miliardi, porterebbe a una riduzione complessiva del 7%. Quindi si andrebbe dall’evasore promettendo uno sconto del 7%. Domanda: uno che paga zero anziché 100, correndo tutti i rischi associati, con la promessa di uno sconto del 7%, inizierebbe a pagare il dovuto? La versione di Berlusconi: via 30 miliardi di trasferimenti alle imprese, cioè tutti, e 40 su 54 miliardi di agevolazioni fiscali. Siccome una parte delle agevolazioni è legata a investimenti già fatti (per esempio gli incentivi alle ristrutturazioni), bisognerà togliere tutte le altre.
Sorvoliamo sul fatto che questi 70 miliardi non basterebbero a coprire neanche la metà delle promesse mirabolanti di Berlusconi, e traduciamo in un italiano semplice cosa accadrebbe se lui realizzasse ciò che promette: 1. via gli 80 euro; 2. il biglietto dell’autobus passerà da 1,50 a 5 euro; 3. si rimetterà l’Imu prima casa; 4. si aumenterà il costo dell’acquisto della prima casa (bollo, imposta di registro) del 150%; 5. si reintrodurranno le accise sull’energia elettrica per abitazioni con la potenza di 3kw (oggi esenti), uno scherzetto da quasi 600 milioni di più ai ceti più deboli; 6. verranno eliminate le detrazioni per le spese mediche e per gli interessi sui mutui; 7. si tasseranno le borse di studio e gli assegni familiari, oggi esenti da Irpef; 8. le Poste Italiane non consegneranno più le lettere ai piccoli comuni; 9. si chiuderanno Leonardo e Fincantieri; 10. non ci sarà più alcun investimento sulle ferrovie e sulle strade. Un «pranzo gratis» nell’economia di un Paese è un miracolo che nemmeno Berlusconi e Salvini possono promettere. I commensali alla tavola che loro propongono di apparecchiare sono i ricchi. Ma è bene essere consapevoli del fatto
che sono tutti gli altri che faranno la spesa.
Le tasse in Italia sono ancora troppo alte. La riduzione della pressione fiscale dell’1,6% del Pil realizzata negli ultimi 4 anni non è sufficiente. Ma da noi i ricchi pagano già meno che altrove. Le aliquote Irpef sui redditi alti sono simili a quelle degli altri Paesi. Di contro, da noi c’è più evasione, non c’è una vera tassa di successione, come in Germania e Gran Bretagna, e la tassazione patrimoniale è molto inferiore a quella francese. È il ceto medio che paga molto di più in confronto. Le imprese oggi pagano meno di 4 anni fa, ma pagano ancora troppo. Queste dovrebbero essere le priorità per un’ulteriore riduzione delle tasse finanziata da una seria revisione della spesa e da una vera lotta all’evasione, non da macelleria sociale. La flat tax è una risposta economicamente dannosa, oltre che ingiusta, a un problema vero. Si creeranno più posti di lavoro mettendo un milione di euro nelle tasche di un ricco, o mettendo mille euro nelle tasche di mille famiglie con figli
che guadagnano mille o duemila euro al mese?
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