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lunedì 26 febbraio 2018

Dall’Uomo di Neanderthal all’Homo Sapiens



Circa 45.000 anni fa, l’Homo Sapiens fece la sua comparsa in Europa e in Asia, dopo una lunga migrazione dalla sua culla africana. Il continente euroasiatico però era già colonizzato da altre due specie: l’uomo di Neanderthal e l’uomo di Denisova. Questa convivenza con l’Homo Sapiens durò circa 5.000 anni, poi le altre specie si estinsero, lasciando campo libero a quello che poi è diventato l’uomo moderno. Ma cos’è successo davvero in quel periodo? Come è riuscito l’Homo Sapiens a colonizzare prima l’Europa e poi il resto del mondo? Perché i Neanderthal si sono estinti? Enigmi su cui gli scienziati si interrogano da anni e a cui ora proverà a rispondere, almeno in parte, un team di ricercatori dell’A.M. di Bologna.


La ricerca parte da Bologna
Il gruppo, guidato da Stefano Benazzi, docente del Dipartimento di Beni culturali dell’Ateneo felsineo, ha vinto infatti un progetto quinquennale finanziato con due milioni di euro dallo European research council. I ricercatori di Bologna studieranno i cambiamenti bio-culturali avvenuti in Italia durante la fase di transizione tra l’uomo moderno e l’uomo di Neanderthal, per capire sia il momento in cui l’Homo Sapiens è arrivato nell’Europa meridionale sia i processi bio-culturali che ne hanno favorito il successo e le cause che hanno portato all’estinzione del Neanderthal. Il nostro progenitore ha fatto la sua comparsa in Africa in un periodo compreso tra 200.000 e 100.000 anni fa. Poi, per cause ancora ignote, tra 60.000 e 50.000 anni fa, grandi ondate di uomini moderni si spinsero nei territori dell’Eurasia, all’epoca occupati da altre specie umane come appunto il Neanderthal e il Denisova.


Rappresentazione di una famiglia di neandertaliani 
nel Museo Neanderthal di Krapina (Croazia)

Gli interrogativi sulla colonizzazione
Come sia avvenuta la colonizzazione dell’Europa e che rapporti abbia avuto l’Homo Sapiens con le altre specie umane arcaiche è ancora oggetto di dibattito scientifico. Recenti studi suggeriscono che l’uomo moderno abbia raggiunto l’Europa circa 45.000 anni fa, mentre le ultime attestazioni della presenza dei Neanderthal risalgono a circa 40.000 anni fa. Durante questo periodo di ‘convivenza’, si registrano cambiamenti culturali senza precedenti in Europa. Gli strumenti di pietra, ad esempio, vengono modificati. Inoltre, compaiono oggetti in osso e artefatti ornamentali come conchiglie e denti forati usati come pendenti. E ancora, nascono le prime forme di utilizzo dei coloranti naturali. Tutti indizi che restituiscono l’idea di un comportamento ‘moderno’ dell’uomo del primo Paleolitico. Resta però da capire chi sia l’artefice di questa evoluzione culturale: se sia stato l’uomo di Neanderthal, influenzato dall’arrivo dell’Homo Sapiens, o se sia merito della specie di uomo più progredito, portatore di un comportamento e di una capacità di espressione che sono state alla base del suo successo evolutivo.


Perché l’uomo moderno (Homo sapiens) è riuscito a sopravvivere fino ad oggi, mentre altre specie di ominidi sono scomparse nel corso della storia? Secondo uno studio condotto da Oren Kolodny e Marcus Feldman, due biologi evoluzionisti dell’Università di Stanford, la risposta a questo enigma è nei movimenti migratori dei nostri antenati diretti.

L‘Homo sapiens si è evoluto, formando grandi popolazioni in Africa. Verso la fine del Paleolitico medio, cominciò a migrare verso l’Eurasia, una regione abitata in quel momento da un’altra specie di ominidi, i Neanderthal.

Entrambi i gruppi sono coesistiti nel corso di un arco temporale compreso tra i 10.000 e i 15.000 anni, scambiandosi materiale genetico durante le relazioni interspecie che si sono verificate occasionalmente. Tuttavia, verso l’anno 36.000 a.C., solo l’uomo moderno sembra essere stato l’unico abitante di quel territorio, mentre i neandertaliani si erano estinti.



La spiegazione scientifica finora accettata attribuisce la sostituzione definitiva della popolazione dei Neanderthal da parte degli esseri umani moderni a fattori esterni, quali il cambiamento climatico e le epidemie, ma anche la concorrenza tra le due specie e le rispettive risorse. In tal modo, il vantaggio dell’Homo sapiens sarebbe stato assicurato da una dieta più ampia, uno stile di vita più efficiente e, soprattutto, la sua superiorità cognitiva.


Al Minuto 57 l'Incontro 
tra Neanderthal ed Homo Sapiens

Tuttavia, molti di questi studi si basano sul presupposto che l’uomo moderno abbia avuto necessariamente un vantaggio evolutivo dal punto di vista della selezione naturale delle specie. Quindi, l’obiettivo dello studio di Stanford è stato quello di provare ad identificare tale vantaggio.


Gruppo di ominidi. Enciclopedia Britannica
La spiegazione proposta da Kolodny e Feldman non nega il possibile effetto di fattori esterni, ma non li accetta a priori. Questi sostengono che la costante migrazione dell’Homo sapiens dall’Africa all’Europa sia stato sufficiente a provocare la sostituzione dell’uomo di Neanderthal a beneficio degli esseri umani moderni, senza che la prima avesse un vantaggio evolutivo.

I ricercatori di Stanford hanno modellato statisticamente i cambiamenti di popolazione di entrambi i gruppi nel tempo. Per questo, lo scenario simulato è iniziato da due popolazioni (gli uomini moderni e i neandertaliani, appunto) situati in due diverse aree (Africa e Europa). Nella simulazione, le due specie non si mescolano né hanno vantaggi evolutivi l’uno sull’altro.

Gli scienziati hanno scoperto che i neandertaliani restarono circoscritti allo stesso territorio, mentre l’Homo Sapiens migrò in un flusso costante di piccoli gruppi dall’Africa vero il territorio europeo.

Ogni volta che un piccolo gruppo si estingueva in Europa, indipendentemente dalla specie a cui apparteneva, quella zona era poi occupata da un altro gruppo. Questo processo si è ripetuto continuamente finché, in Europa, non sono rimasti solo rappresentanti di una singola specie.

Tutte le simulazioni eseguite da Kolodny e Feldman, ripetute migliaia di volte, hanno dato come “vincitore” l’Homo sapiens. Così, gli scienziati sono giunti alla conclusione che il semplice processo migratorio degli uomini moderni abbia garantito, in termini probabilistici, un’eventuale sostituzione della popolazione neandertaliana.

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domenica 13 settembre 2015

Scoperta Specie Umana Vissuta 3 Milioni di Anni Fa



Trovati in Sudafrica i resti di una specie umana vissuta tre milioni d’anni fa.

All’interno dell’ insieme di grotte, Rising Star, in Sudafrica, ad un’ora di macchina da Johannesburg,  è stata ritrovata una camera mortuaria con resti di scheletri appartenenti a quindici individui di  una nuova specie umana.
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I “naledi” ( corpo luminoso celeste tradotto letteralmente dalla lingua Sotho del sud), come sono stati chiamati dai ricercatori, sono stati classificati nel gruppo “Homo”, dunque si tratta di un nostro antenato, in grado di organizzare riti funebri. Lee Berger, a capo dei ricercatori, crede che i naledi abbiano vissuto in Africa tre milioni di anni fa e potrebbero essere l’anello di congiunzione tra bipiedi più primitivi e l’uomo.
Sempre secondo Berger, la scoperta è importantissima, in quanto si tratta di una specie estinta, finora sconosciuta, scoperta solo ora nella Camera Dinaledi nelle grotte di Rising Star, la culla dell’umanità.

L’Uomo Naledi è caratterizzato da una massa corporea e da una statura simile a un essere umano piccolo,  iI cui cranio è particolarmente ridotto, il suo volume è simile all’australopiteco. La sua morfologia è unica, ma assomiglia a quella del primo Homo sapiens, inclusa quella del Homo erectus, Homo habilis, homo rudolfensis.

Proprio perché è primitivo, la dentatura è piccola e semplice nell’occlusione morfologica.
Le tecniche manipolative delle mani e del polso sono simili a quelle umane, altrettanto il piede e l’arto inferiore. Il suo aspetto umano è in netto contrasto con la parte posteriore del cranio, più simile all’australopiteco, come pure il tronco, le spalle, il bacino e il femore. E’ il più grande raggruppamento di una singola specie di ominidi mai ritrovato in Africa.

Il tunnel che porta alla camera mortuaria è assai stretto ed angusto. Non ci si arriva per caso, bisogna essere agili e consci di voler andare proprio in quel luogo. Gli scienziati hanno dimostrato che la morfologia della grotta non è mai cambiata durante i millenni. Risulta dunque chiaro che i naledi erano in grado di organizzare  loro riti funebri.
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Homo naledi, una nuova specie umana che farà molto discutere
Con caratteristiche ancora scimmiesche e parti molto simili al sapiens, una nuova specie di Homo è venuta alla luce in una caverna del Sud Africa. Potrebbe avere 3 milioni di anni.

La scoperta è importante, eccezionale e farà discutere a lungo perché una scoperta del genere non era mai stata realizzata e neppure si ipotizzava di poterla fare.

Nella grotta del Sud Africa chiamata Rising Star che si trova a circa 50 chilometri da Johannesburg sono venuti alla luce circa 1.500 reperti fossili che appartengono, probabilmente, ad almeno 15 individui di una nuova specie di Homo, chiamata Homo naledi. E probabilmente altri reperti potrebbero ancora venire alla luce.

CERVELLO DA GORILLA. Che cosa ha di così particolare questa scoperta? Due sono gli elementi importanti che sottolineano i ricercatori. Il primo riguarda le caratteristiche della nuova specie, la seconda il gran numero di reperti che permetterà di conoscere più cose del H. naledi che di quasi tutte le altre specie di Homo note finora.

Homo naledi aveva un cervello molto più piccolo rispetto alle altre specie di Homo, tanto da assomigliare di più al cervello di un gorilla che non a quello di un umano, e anche il bacino e le spalle erano piccole.

Ma i denti, relativamente minuti, le gambe lunghe e la struttura dei piedi lo avvicinano di molto all’uomo moderno.

«Abbiamo scoperto qualcosa che non mi sarei mai aspettato di vedere nella mia vita», ha detto Lee Berger, autore della ricerca .

Al momento non si è ancora definito con precisione il periodo in cui visse quella specie di Homo, ma è assai probabile che quegli individui fossero i primi del genere Homo e quindi dovrebbero avere un’età di circa 3 milioni di anni. «La scoperta è di grande interesse perché ci dice ancora una volta che la natura sperimentò diverse strade evolutive, una delle quali avrebbe portato all’Homo Sapiens», ha detto Berger.

PENSIERI DA SAPIENS. Il secondo elemento di importanza di questa scoperta, ossia la grande quantità di fossili trovati, darà modo ai paleontologi di studiare l’evoluzione dei singoli individui, dai bambini agli anziani, oltre che capire quali erano le differenze tra i maschi e le femmine e probabilmente molte delle loro abitudini alimentari.

SEPOLTI? C’è poi un ulteriore elemento che ha sorpreso i ricercatori. Quei corpi sembrano essere stati volutamente portati in fondo alla grotta dove sono stati scoperti, come se si fosse voluto dare loro una sepoltura. «Questo sarebbe oltremodo sorprendente – sottolinea ancora il ricercatore – perché vorrebbe dire che quegli esseri erano capaci di comportamenti rituali e di pensiero simbolico, un elemento che si ipotizzava associato solo con l’Homo sapiens e il Neanderthal».

SPELEOLOGHE ALL’OPERA. Va sottolineato che questa ricerca ha chiesto l’aiuto di speleologi di grande esperienza, perché l’antro della caverna era così angusto che si richiedevano notevoli doti tecniche di esplorazione e anche un corpo molto minuto. Sono state infatti, donne-speleologo a lavorare nella prima fase della ricerca. «La prima volta che sono arrivata nella camera dove c’erano le ossa fossilizzate ho provato una sensazione simile a quella che deve aver provato Howard Carter quando aprì la tomba di Tutankhamon», ha detto Marina Elliott, una delle speleologhe.


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