Umberto Eco
Internet, Social Media e Giornalismo
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Umberto Eco: “Sui social legioni di imbecilli. Ecco perché saranno una fregatura”
Ricevendo la laurea honoris causa in Comunicazione all’Università di Torino, Umberto Eco, scomparso il 20 febbraio 2016 all’età di 84 anni, criticava ferocemente il Web e in particolare i social network (“diritto di parola a legioni di imbecilli”). Poi, sempre rispondendo alle domande di alcuni giornalisti, Umberto Eco difendeva la carta stampata citando Hegel: “La lettura del giornale è la preghiera quotidiana dell’uomo moderno. Si tornerà all’informazione cartacea”
Umberto Eco ed il web: viaggio tra legioni di imbecilli?
Umberto Eco ha fatto una dichiarazione che ha infiammato il popolo del web, e ne stanno tutt´ora parlando. A proposito di internet e l´uso che si fa del web, in particolare sui social network ha testualmente dichiarato: "Hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli, i quali prima parlavano solo al bar dopo due o tre bicchieri di rosso e quindi non danneggiavano la società", ha affermato il semiologo poco dopo aver ricevuto la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” perché «ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica». È lo stesso ateneo in cui nel 1954 si era laureato in Filosofia: «la seconda volta nella stessa università, pare sia legittimo, anche se avrei preferito una laurea in fisica nucleare o in matematica», scherza Eco.
Le frasi di Eco in proposito del web erano riferite alla sempre maggiore circolazione di bufale in rete, ed inevitabilmente hanno avuto ampio risalto, soprattutto sugli stessi social network dei quali parla il professore. Gli utenti hanno infatti iniziato a chiedersi: ha ragione o no?
La risposta non è certamente semplice, e questo perché Eco ha sia ragione che torto nello stesso momento. Bufale e teorie del complotto sono sempre esistite, internet gli ha dato soltanto un mezzo per diffondersi più velocemente e capillarmente. E la storia ci insegna che anche gli imbecilli sono sempre esistiti: i social network gli hanno semplicemente garantito un palcoscenico sul quale scrivere assurdità che prima, sui media, al massimo trovavano spazio nella posta dei lettori.
Il punto focale del discorso è un altro, ed è stato messo in luce dallo stesso Eco, anche se il risalto è stato dato quasi esclusivamente alle frasi riguardanti i social network: l´eventuale volontà di "togliere voce" agli imbecilli (che comunque hanno anche loro diritto di parola) non può che scontrarsi con la difficoltà, quando non l´impossibilità, di distinguere quali fonti siano affidabili e quali no. Perché se da una parte esistono conclamati siti dediti all´invenzione di sana pianta delle loro "notizie", anche i grandi nomi dell´informazione non sono certo esenti da topiche clamorose.
Molto, troppo spesso la necessità di dare una notizia prima degli altri (o, e questo è molto più triste, il bisogno di pubblicare un tot di articoli al giorno) porta ad uno scarso controllo delle fonti anche per chi del fornire informazioni ha fatto una professione. E confrontare le varie campane nel tentativo di capire dove stia la verità, come suggerisce Eco, non è semplice, sia per limiti di tempo che per il fatto che molto spesso anche gli organi di informazione tendono a rincorrersi, a volte "copiando" il compito del vicino di banco.
Ci sarebbe in questo caso bisogno di una "educazione ad internet", che potrebbe e dovrebbe partire dalle scuole dove, come spiega Eco, si dovrebbe "insegnare a filtrare le informazioni di internet, cosa che neppure i professori di solito sanno fare, perché anche loro sono dei neofiti rispetto allo strumento".
«La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità», osserva Eco che invita i giornali «a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno». «I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno».
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