Oggi è l’anniversario della morte di Totò.
Questo è il ricordo,
commovente che Eduardo De Filippo
fece dalle pagine del Paese Sera.
«Erano più colorate le strade di Napoli, più
ricche di bancarelle improvvisate di chioschi di acquaioli, più
affollate di gente aperta al sorriso allora, quando alle dieci di
mattina le attraversavo a passo lesto avevo quattordici anni per
trovarmi puntuale al teatro Orfeo, un piccolo, tetro, e lurido locale
periferico, dove, in un bugigattolo di camerino dalle pareti gonfie di
umidità, per fare quattro chiacchiere tra uno spettacolo e l’altro, mi
aspettava un mio compagno sedicenne che lavorava là….
Oggi è morto Totò. E io, quattordicenne di nuovo,
a passo lento risalgo la via Chiaia, e giù per il Rettifilo, attraverso
piazza Ferrovia. Entro per la porta del palcoscenico di quello sporco
locale che a me pare bello e sontuoso, raggiungo il camerino, mi siedo e
mentre aspetto ascolto a distanza la sua voce, le note della misera
orchestrina che lo accompagna e l’uragano di applausi che parte da
quella platea esigente e implacabile a ogni gesto, ogni salto, ogni
contorsione, ogni ammiccamento del “guitto”. Do un’occhiata attorno; il
fracchettino verde, striminzito, è lì appeso a un chiodo: accanto c’è
quello nero. Quello rosso glielo vedrò indosso tra poco, quando avrà
terminato il suo numero. I ridicoli cappellini… A bacchetta, a tondino… e
nero, marrone, e grigio… sono tutti allineati sulla parete di fronte.
..Manca il tubino: lo vedrò tra poco. Il bastoncino di bambù non c’è: lo
avrà portato in scena. E lì, sulla tavoletta del trucco? Cosa c’è in
quel pacchetto fatto con la carta di giornale? È la merenda, pane e
frittata. E la miserabile musica continua, e la sua voce diventa via via
ansiosa di trasportare altrove quella orchestrina, di moltiplicarla.
Dal bugigattolo dove mi trovo non mi è dato vederlo lavorare, ma di
sentirlo e immaginarlo com’è, come io lo vedo come vorrei che lo
vedessero gli altri. Non come una curiosità da teatro, ma come una luce
che miracolosamente assume le fattezze di una creatura irreale che ha
facoltà di rompere, spezzettare e far cadere a terra i suoi gesti e
raccoglierli poi per ricomporli di nuovo, e assomigliare a tutti noi, e
che va e viene, viene e va, e poi torna sulla Luna da dove è disceso.
Ora sono travolgenti gli applausi e le grida di entusiasmo di quel pubblico: il numero è finito. Un rumore di passi lenti e stanchi si avvicina, la porticina del bugigattolo viene spinta dall’esterno. Egli deve aprire e chiudere più volte le palpebre e sbatterle per liberarle dalle gocce di sudore che gli scorrono giù dalla fronte per potermi vedere e riconoscere, e finalmente dirmi: ” Edua’, stai cca’! ” E un abbraccio fraterno che nel tenerci per un attimo avvinti ci dava la certezza di sentire reciprocamente un contatto di razza. E le quattro chiacchiere, quelle riguardavano noi due, le abbiamo fatte ancora per anni, fino a pochi giorni fa».
Eduardo De Filippo – dal Paese Sera del 1967Ora sono travolgenti gli applausi e le grida di entusiasmo di quel pubblico: il numero è finito. Un rumore di passi lenti e stanchi si avvicina, la porticina del bugigattolo viene spinta dall’esterno. Egli deve aprire e chiudere più volte le palpebre e sbatterle per liberarle dalle gocce di sudore che gli scorrono giù dalla fronte per potermi vedere e riconoscere, e finalmente dirmi: ” Edua’, stai cca’! ” E un abbraccio fraterno che nel tenerci per un attimo avvinti ci dava la certezza di sentire reciprocamente un contatto di razza. E le quattro chiacchiere, quelle riguardavano noi due, le abbiamo fatte ancora per anni, fino a pochi giorni fa».
ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI
TOTO'
"Sono un minorenne anziano"
Totò e Peppino - Chi si ferma è perduto (FILM COMPLETO)
.
.
-Per la regia di Sergio Corbucci, una divertente commedia con protagonisti Totò (Guardalavecchia) e Peppino De Filippo (Colabona), due buffi e pasticcioni impiegati della ditta Pasquetti, fra equivoci e disavventure tutte da ridere.
Esuberante, Totò cresce nei vicoli di Napoli, che preferisce di gran lunga alla scuola. Finite le elementari, viene mandato in un collegio ma non arriva neppure alla licenza ginnasiale. È qui che un insegnante, boxando scherzosamente con lui gli rovina il setto nasale, deviandoglielo.
Si mette a fare vari lavoretti e si avvicina al teatro, anche se come semplice spettatore. Lo affascinano e colpiscono alcuni personaggi comici, che imita benissimo. E nel 1913/14 debutta in uno dei tanti teatrini napoletani con uno pseudonimo, Clerment.
I DUE MARESCIALLI - TOTO' & VITTORIO DE SICA
.
.
I due marescialli è un film del 1961 diretto da Sergio Corbucci e interpretato da Totò e Vittorio De Sica. In un ruolo secondario si evidenzia anche un brillante Gianni Agus.
http://cipiri12.blogspot.it/2010/08/livella-toto.html
Il Tgr Campania delle 14:00 ha mandato in onda le immagini di 40 anni fa, quelle del servizio(video) dei funerali de “Il principe”.
Il sipario calò sulla sua vita il 15 aprile 1967, verso le tre e mezzo del mattino nella sua casa di Roma. Nel giro di sette ore un susseguirsi di attacchi cardiaci lo avevano stroncato.
Alla mattina del 17 aprile venne trasportato nella chiesa di Sant’Eugenio in viale Belle Arti. Sulla bara, la bombetta con cui aveva esordito e un garofano rosso. La cerimonia si limitò a una semplice benedizione, a causa delle difficoltà create dalle autorità religiose perché con la Faldini non era sposato.
Nel 1933 il marchese Francesco Maria Gagliardi adotta Antonio trasmettendogli i suoi titoli gentilizi. Solo a partire dal 1946 il tribunale di Napoli gli riconosce il diritto a fregiarsi dei nomi e dei titoli di: Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.
All'educazione di Antonio provvede dunque la madre che, fra l'altro, è l'originaria "inventrice" del nome Totò. E' lei infatti che per chiamarlo più in fretta, gli affibbia il celebre nomignolo. Quest'ultimo poi, rivelatosi particolarmente vivace e pieno di vita, all'età di quattordici anni lascia gli studi e diventa aiutante di mastro Alfonso, un pittore di appartamenti. L'amore per il teatro è un'altra causa importante del suo abbandono scolastico. Fra l'altro, nel collegio dove studia viene colpito con un ceffone da un precettore, probabilmente esasperato dalla sua irrequietezza, che gli devia il setto nasale. In seguito questo difetto determinerà l'atrofizzazione della parte sinistra del naso e quindi quella particolare asimmetria che caratterizza il volto del comico in maniera così inconfondibile.
Totò inizia dunque a recitare giovanissimo in piccoli e scalcinati teatri di periferia proponendo al pubblico imitazioni e macchiette accolte inizialmente con poco entusiasmo.
A soli sedici anni ha l'amara impressione che la sua passione non può avere sbocchi significativi, e si arruola come volontario nell'esercito, in cui ben presto si trova però a soffrire per le differenze gerarchiche che quella carriera comporta. Con un escamotage riesce a farsi ricoverare evitando di finire in prima linea allo scoppio della grande guerra. Da quanto racconta la leggenda sembra che sia stata proprio l'esperienza nell'esercito a ispirargli il motto "Siamo uomini o caporali?", diventato celebre come simbolo della differenza tra i piccoli individui pedantemente attaccati alle forme e chi usa l'elasticità mentale e la capacità di comprendere.
Alla fine della guerra Totò riprende la sua attività teatrale a Napoli, ancora con poco successo ma nel 1922 si trasferisce a Roma con la famiglia. Qui riesce a farsi assumere nella compagnia comica di Giuseppe Capece per poche lire. Quando chiede un aumento della paga Capece non apprezza la pretesa e lo licenzia. Decide allora di presentarsi al Teatro Jovinelli dove debutta recitando il repertorio di Gustavo De Marco. E' il successo. In breve tempo i manifesti riportano il suo nome a caratteri cubitali e fioccano le scritture nei teatri più famosi come, solo per citarne alcuni, il Teatro Umberto, il Triaton, il San Martino di Milano e il Maffei di Torino.
La vera consacrazione avviene a Napoli, in particolare grazie agli spettacoli della rivista "Messalina" (accanto a Titina de Filippo). Intanto era anche nata la figlia Liliana dall'unione con Diana Bandini Rogliani, che sposerà nel 1935 (divorzierà quattro anni dopo in Ungheria, ma vivranno comunque insieme fino al 1950). La forza di Totò sta principalmente nel forte carisma, cosa che lo differenzia notevolmente dagli altri attori. Nel suo spettacolo Totò non si limita a far ridere le persone ma trascina letteralmente il pubblico in un vortice di battute e situazioni, entusiasmandolo fino al delirio.
Il suo volto rappresenta davvero una maschera unica anche grazie alla capacità di utilizzare quell'asimmetria che caratterizza il suo mento per sottolineare momenti comici. Bisogna dire però che se il successo popolare è eccezionale ed indiscutibile, la stampa non gli risparmia critiche più o meno giustificate, sicuramente contrassegnate da un'eccessiva severità, dimostrando in questo di non capire il suo genio comico fino in fondo (viene tacciato di buffoneria e di ripetere troppo spesso le stesse battute).
Tuttavia per molti anni Totò è padrone del palcoscenico, recitando accanto ad attori famosissimi quali Anna Magnani e i fratelli De Filippo, in molte riviste di successo, continuando poi la sua carriera, com'è fisiologico, anche nel mondo del cinema. Già nel 1937 aveva debuttato nel cinema con "Fermo con le mani" e fino al 1967 interpreterà circa un centinaio di film.
Fra i riconoscimenti ottenuti nella settima arte si possono citare la Maschera d'argento (nel 1947), cui fa seguito nel 1951 il Nastro d'argento per l'interpretazione nel film "Guardie e ladri" di Steno e Monicelli. Totò ha scritto anche diverse canzoni, fra cui vi è annoverata la celeberrima "Malafemmena".
Nel 1952 si innamora di Franca Baldini cui resterà legato fino alla morte (dalla loro unione nasce un bambino che purtroppo muore poche ore dopo). Nel 1956 torna al teatro con la rivista di Nelli e Mangini "A prescindere". Gli impegni della tournee gli impediscono di curare una broncopolmonite virale che gli provoca una grave emorragia all'occhio destro, l'unico da cui vedesse dopo il distacco della retina avvenuto per l'altro occhio vent'anni prima.
Pubblica anche una raccolta di poesie "'A livella", che fa seguito alla biografia "Siamo uomini o caporali?" di alcuni anni prima.
Nel 1966 il sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici gli assegna il secondo "Nastro d'argento" per l'interpretazione del film "Uccellacci e uccellini", di Pier Paolo Pasolini, un grande intellettuale a cui si deve per certi versi lo "sdoganamento" di Totò. Per questo film Totò riceve anche una menzione speciale al Festival di Cannes. Ormai quasi cieco partecipa al film "Capriccio all'italiana" in due episodi: "Il mostro" e "Che cosa sono le nuvole" (sempre di Pier Paolo Pasolini).
Il 14 aprile interrompe la lavorazione e nella notte di sabato 15 aprile subisce un gravissimo infarto.
IO NON SO SE L'ERBA CAMPA E IL CAVALLO CRESCE,
MA BISOGNA AVERE FIDUCIA.
(TOTO')
MA BISOGNA AVERE FIDUCIA.
(TOTO')
-.
GUARDA ANCHE
DOMANDA
CLIK
E
RISPOSTA
FAI VOLARE LA FANTASIA
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.NON FARTI RUBARE IL TEMPO
I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
GUARDA ANCHE
LA NOSTRA APP
Nessun commento:
Posta un commento
Eseguiamo Siti Internet e Blog personalizzati , visita - https://www.mundimago.org/cipiri.html