IBN THABIT
IL RAPPER LIBICO
SENZA VOLTO
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Ibn Thabit ha un account su facebook, un canale Youtube e perfino un sito web. Tutta la sua musica, pezzi rap, è scaricabile online gratuitamente e molti dei blog del mondo arabo postano le sue canzoni. Ma è un cantante (o una band?) senza volto, e al posto della sua immagine, ci sono due armi incrociate su uno sfondo bianco. (logo a lato).
Sul seguitissimo blog di “Ravings of a Muslim Girl Gone Mad”, si legge che Ibn Thabit è “un enigna, un’ombra misteriosa che ogni tanto si solidifica per dare vita a un pezzo di rap meraviglioso”.
Di lui si sa davvero pochissimo. Sul suo sito scrive di se stesso di non appartenere ad alcun gruppo politico organizzato, ma di essere uno qualsiasi, un libico qualunque che mette in musica i pensieri dei giovani libici. Aggiunge anche di rimanere anonimo per proteggere lui e la sua famiglia. In un post del 27 aprile ringrazia tutti coloro che gli hanno scritto per dimostrargli supporto, e tutti quelli che lo hanno contattato per interviste, concerti o altre apparizioni pubbliche ma ribadisce che non vuole fare nulla per mettere in pericolo la sua famiglia e i suoi amici a Tripoli.
Si sa solo che è un Tahrouni, cioè originario della città di Tarhuna, a 80 km a sud-est di Tripoli, nel distretto di Al Murgub e che scrive pezzi rap contro il Colonnello Gheddafi dal 2008. Parla di lui anche la versione inglese del quotidiano egiziano Al Masry Al Youm, che lo annovera tra le hit che hanno segnato la colonna sonora dei cambiamenti avvenuti o che stanno avvenendo in alcuni paesi del mondo arabo.
Nella sua canzone “El soal”, La Domanda, postata su Youtube il 27 gennaio 2011, si chiede se i libici siano pronti a lottare e chiedere gli stessi cambiamenti per cui i vicini arabi hanno lottato, in Tunisia e in Egitto. E ammonisce il Colonnello, “Confessa, non puoi scappare”-
Ma il brano che spopola sul web, “Shabab Lybya” e cioé una sorta di appello alla gioventù libica, contro il “colonnello ignorante”, “se non volete liberare il vostro paese, andatevene da un’altra parte!”. “Shabab” (ragazzi!), questo è il nostro paese, questo è il nostro tempo!”.
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